venerdì 29 marzo 2013

Correggiari, FN: " vergognoso il comportamento indiano"

Come diversamente chiamare chi, dopo aver assunto una decisione magari furbesca ma sostanzialmente giusta, oggi si rimangia la parola e rispedisce i nostri soldati – ripeto: i nostri soldati – a subire un processo in un paese la cui l’interpretazione del diritto – se dobbiamo prendere a parametro la recente decisione della Corte Suprema di Nuova Dehli che, in barba alle più elementari regole internazionali, ha triturato il principio dell’inviolabilità diplomatica e dove la giurisdizione locale ha invocato l’istituzione di una corte speciale per il giudizio, in ispregio al principio internazionalmente riconosciuto della precostituzione del giudice – non fornisce alcuna garanzia di serietà. Fa ancora più rabbia e dimostra la totale impunità morale di questa gentucola da due soldi che qualcuno chiama “politici”, la motivazione espressa a sostegno di questa immonda decisione: le rassicurazioni dell’India che saranno rispettati i diritti individuali e non sarà applicata la pena di morte. Perché, il nostro governo di servi farabutti non s’era premurato di verificarlo la prima volta che i nostri marò erano tornati a casa ? Li avevano lasciati ritornare, quella prima volta, senza verificare preliminarmente questi essenziali aspetti? E perché fino a ieri hanno sostenuto che la competenza a giudicarli era nostra e non dell’India? Hanno cambiato opinione? Chi credono di prendere in giro? Alla bestialità politica degli attuali inquilini dei palazzi governativi romani, s’aggiunge la loro bestialità giuridica. Secondo i principi generali internazionalmente riconosciuti – sanciti in numerosi trattati, non ultimo la convenzione europea di estradizione e ribadito dalla nostra costituzione e dal nostro codice penale - vi è quello della facoltà di non estradare il proprio cittadino; ma non basta: l’estradizione deve essere esclusa, e non solo per i cittadini ma anche per i residenti stranieri, in tutti i casi in cui il reato per cui è richiesta comporta la pena di morte, anche se lo stato richiedente (esattamente come ha fatto l’India) abbia garantito la non eseguibilità della pena capitale; l’ha sancito la Corte costituzionale in una sentenza del 1979 e l’ha ribadito in un'altra sentenza del 1996. Bestie della politica e bestie del diritto. La rabbia che suscita questa immonda decisione si somma alla frustrazione per quanto avvenuto qualche tempo fa quando il Brasile, con motivazioni ridicole, rifiutò l’estradizione di Cesare Battisti, assassino comunista, protetto dagli ambienti chic parigini ed autore di omicidi che di politico non avevano neppure l’ombra; uno stato serio avrebbe ottenuto quel che chiedeva o avrebbe provveduto diversamente a regolare la questione; e la serietà del nostro stato eccola riconfermata, con una decisione che ci ridicolizza davanti al mondo intero; è bastato che gl’indiani alzassero la voce per ridurci a miti consigli. Ma, oltre all’insipienza della nostra classe politica, questo è il risultato di tanti mea culpa, di tante criminalizzazioni dell’Homo europaeus, di tante, troppe richieste di scuse; oggi paghiamo il prezzo di questi vomitevoli inchini, di queste vergognose calate di braghe di fronte al beduino di turno; qualche imbecille ci dice che l’India è un paese civile; fino a qualche decennio fa vigeva la legge delle caste, esistevano gli intoccabili, reietti sociali destinati dalla nascita ai lavori umili; a Roma, 2300 anni fa era stata proclamata l’uguaglianza giuridica fra patrizi e plebei e le sue leggi sono oggi ancora diritto vivente in tutto il mondo occidentale. Fino a quando dovremo sopportare queste umiliazioni? Fino a quando potremo?

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