martedì 16 aprile 2013

Quando la Morte arriva cantando: "BANDIERA ROSSA".

 La Strage di Via RASELLA:
 

un atto "eroico"
Nella ricorrenza del venticinquesimo anniversario della fondazione dei Fasci di combattimento, avvenuta a Milano il 23 marzo 1919, un gruppo del movimento clandestino di resistenza romano preparò e attuò un temerario attentato contro i tedeschi, che ebbe tragiche conseguenze di sangue per la popolazione romana e scosse profondamente la coscienza nazionale.  web counter
Il 23 marzo 1944 alle ore 15 circa, nell'interno della città aperta di Roma, in pieno centro storico, in via Rasella, all'altezza di palazzo Tittoni, mentre passava un reparto di 156 uomini della 11a Compagnia del Reggimento "Bozen", (riservisti Altoatesini) comandato dal maggiore Helmut Dobbrick - che da quindici giorni era solito percorrere quella strada per rientrare in caserma dopo le esercitazioni - scoppiava una bomba a miccia ad alto potenziale collocata in un carrettino per la spazzatura urbana, confezionata con 18 chilogrammi di esplosivo frammisto a spezzoni di ferro.
La tremenda esplosione causò la morte di trentatrè militari tedeschi e di sei civili italiani tra cui un bambino di dieci anni
    Subito dopo lo scoppio una squadra di appoggio, che sostava tra via del Boccaccio e via del Traforo, lanciava delle bombe a mano contro la coda del reparto per disorientare i militari e quindi si dileguava verso via dei Giardini allontanandosi rapidamente dalla zona.
 
Gli "eroi" di questa operazione:
  
Rosario Bentivegna
Franco Calamandrei
Carla Capponi
Carlo Salinari
Pasquale Balsamo
Guglielmo Blasi
Francesco Cureli
Raoul Falciani
Silvio Serra
Fernando Vitagliano
Rosario Bentivegna, travestito da spazzino, trasportò la bomba con la carretta; Franco Calamandrei, si tolse il berretto per indicare a Bentivegna che il reparto aveva imboccato via Rasella e che la miccia per l'esplosione doveva essere accesa; Carla Capponi, aspettava Bentivegna all'angolo di via delle Quattro Fontane; e poi Carlo Salinari, Pasquale Balsamo, Guglielmo Blasi, Francesco Cureli, Raoul Falciani, Silvio Serra e Fernando Vitagliano, tutti responsabili del glorioso e pluridecorato atto eroico. Altro che atto eroico, questo è stato un atto criminale bello e buono!
Questi giovani (tra i 20 e i 27 anni) facevano parte di uno dei tanti gruppi denominati di Azione Patriottica (GAP) e dipendevano dalla Giunta militare, emanazione del Comitato di Liberazione Nazionale (CLN), di cui erano responsabili: Giorgio Amendola (comunista), Riccardo Bauer (azionista) e Sandro Pertini (socialista). L'ordine di eseguire l'imboscata di via Rasella, preparata nei minimi particolari da Carlo Salinari, fu dato dai responsabili della Giunta militare. Successivamente Bauer e Pertini dichiararono di non essere stati preventivamente informati e che l'ordine venne dato da Amendola a loro insaputa. Amendola stesso, qualche tempo dopo, confermò la versione, rivendicando a se stesso la responsabilità di aver dato ai "gappisti" l’ordine operativo per l'attentato. 
    La sera del 26 marzo i giornali pubblicarono il testo del comunicato ufficiale germanico. In uno stile freddo, burocratico, la cittadinanza romana viene a sapere che:
"Nel pomeriggio del 23 marzo 1944 elementi criminali hanno eseguito un attentato con lancio di bombe contro una colonna tedesca di polizia in transito per via Rasella. In seguito a questa imboscata trentadue uomini della polizia tedesca sono stati uccisi e parecchi feriti. La vile imboscata fu eseguita da comunisti-badogliani. Sono ancora in atto indagini per chiarire fino a che punto questo fatto è da attribuirsi ad incitamento anglo-americano. Il Comando tedesco è deciso a stroncare l'attività di questi banditi scellerati. Il Comando tedesco ha perciò ordinato che per ogni tedesco ammazzato dieci comunisti-badogliani saranno fucilati: quest'ordine è stato eseguito". 
 
Processo Kappler. Tribunale Militare di Roma, 20 luglio 1948.
Momento drammatico di alta tensione in aula quando, nel corso dell'udienza, esce dal pubblico una voce straziante di donna che investe violentemente Rosario Bentivegna presente in aula in qualità di testimone: "Assassino, codardo! Ho la mia creatura alle Fosse Ardeatine, perché non ti sei presentato, vigliacco?". È un’invettiva che esce dal cuore lacerato di una madre. Scottante, crudele. Essa pone il problema morale della guerriglia e solleva un dubbio atroce: si poteva evitare la rappresaglia dei tedeschi? In altre parole, se i responsabili materiali dell'attentato si fossero presentati, il Comando tedesco avrebbe ugualmente deciso la rappresaglia? 
    Il presidente del Tribunale, gen. Euclide Fantoni, pone la domanda a uno dei protagonisti presenti, Rosario Bentivegna, appunto. Il teste risponde che la presentazione degli attentatori non fu esplicitamente richiesta dai tedeschi. “Se ci fosse stata - afferma - mi sarei presentato". E aggiunge: "la colonna tedesca costituiva un obiettivo militare. Facevano rastrellamenti e operavano arresti. Erano soldati. Ho avuto l'ordine di attaccarli e li ho attaccati". 
    "No, - ribatte Kappler - l’eccidio avrebbe potuto essere evitato se si fosse presentato l'attentatore o se fosse venuta un'offerta della popolazione. D’altra parte, da mesi erano affissi manifesti per gli attentati con l'indicazione della rappresaglia da uno a dieci".
    "No, - dice l'accusa - i manifesti di cui parla l'imputato Kappler erano stati affissi due mesi prima e lasciati esposti per soli due giorni". 
    Il punto da chiarire, quindi, non era tanto quello di sapere se la rappresaglia ci sarebbe stata oppure no. Era noto alle autorità politiche e amministrative, e a larga parte della popolazione, che ad ogni attentato le rappresaglie c'erano sempre, puntualmente. Quello che bisognava appurare era se un avviso, un comunicato fosse stato diramato dal Comando tedesco agli esecutori dell'attentato per invitarli a presentarsi onde evitare una strage di persone innocenti. Come abbiamo visto dagli atti del processo, Bentivegna lo esclude. 
In una lettera al settimanale "Panorama" del 28 marzo 1974, un testimone afferma: "Senza voler entrare nella polemica sulle responsabilità della strage delle Fosse Ardeatine, desidero testimoniare che la sera prima dell'attentato di via Rasella è stato affisso sui muri di Roma, e io l'ho letto, un manifesto preannunciante che il Comando tedesco avrebbe fatto uccidere dieci «comunisti badogliani» per ogni militare tedesco morto" .
    In una intervista Bentivegna dichiara: "Non credo che se mi fossi costituito la rappresaglia non sarebbe avvenuta...
I testimoni dell'attentato raccontano:
"Era ormai cosa nota a tutti che per ogni tedesco ucciso, dieci italiani venivano sacrificati. L'attentato di via Rasella non ha nulla di glorioso". 
Rosario Bentivegna, autore dell'attentato di via Rasella, addirittura decorato di medaglia d'argento per la sua gloriosa fuga, oggi docente di medicina del lavoro, non esita a dichiarare che rifarebbe tutto. 
Perchè i vigliacchi attentatori rimasero nascosti nell'ombra nonostante sapessero cosa sarebbe successo a persone innocenti?
Perchè hanno permesso che pagassero altri la loro eroica vigliaccata?
Processo al Feldmaresciallo Kesserling - parla il Magistrato inglese che lo assolse dalle accuse relative alla rappresaglia delle Ardeatine:
"Ciò che il Feldmaresciallo Kesserling doveva affrontare, non era uno stato
organizzato, MA ALCUNE PERSONE IRRESPONSABILI con le quali non poteva
negoziare, persone con le quali non poteva accordarsi e ai cui capi non
poteva dire: signori, controllate i vostri uomini. Di conseguenza, se ci
sono mai state delle circostanze in cui era necessario ricorrere alla
rappresaglia dopo l'avere invano ricercato i colpevoli, quelle che ho
descritto sono proprio le circostanze IN CUI LA RAPPRESAGLIA E' COSA
APPROPRIATA. E non esprimo queste considerazioni solo da soldato, in quanto
esse nascono soprattutto dal buon senso (.).
LE RAPPRESAGLIE SONO AMMISSIBILI COME INDISPENSABILE MEZZO PER ASSICURARE
CHE LA GUERRA RIMANGA NELLA LEGITTIMITA'.
Il semplice fatto che esse siano
previste in caso di violazioni della legge di guerra agisce ampiamente come
deterrente. Le rappresaglie non sono mezzi di punizione o di arbitraria
vendetta, ma sono strumenti di coercizione. E PROPRIO perché INFLIGGONO
SOFFERENZE A PERSONE INNOCENTI LE RAPPRESAGLIE HANNO FORZA COERCITIVA E SONO
INDISPENSABILI COME ULTIMA RISORSA. Atti illegittimi possono essere commessi
da persone che è impossibile arrestare e punire. E CIO' E' QUANTO ACCADDE A
ROMA. LA RAPPRESAGLIA ANDAVA ESEGUITA ED ANDAVA ESEGUITA VELOCEMENTE,
ALTRIMENTI SAREBBE STATA INUTILE DAL PUNTO DI VISTA MILITARE. Un crimine di
guerra è una deliberata violazione delle leggi di guerra: PERTANTO UNA
RAPPRESAGLIA, COME PREVISTA DAL DIRITTO INTERNAZIONALE, NON PUO' ESSERE
CONSIDERATA UN CRIMINE DI GUERRA".

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