martedì 7 maggio 2013

Kyenge inneggia alla poligamia:

Kyenge inneggia alla poligamia: “Facilita i rapporti con la società”
KYENGE - 38 fratelli, 4 mogli contemporaneamente, poligamia “cattolica”. Diamo i numeri? Sì, quelli che ha snocciolato la ministra Kyenge, ormai vero portavoce del nuovo governo italiano, intervistata da Lucia Annunziata su Rai3.
“Sono entrata da irregolare in Italia” svela il ministro, che ribadisce che il reato di immigrazione clandestina va abolito e che la legge sul diritto di cittadinanza e voto agli stranieri nati in Italia è in dirittura d’arrivo.
Poi inneggia alla poligamia: “Crescere con tanti fratelli mi dà l’idea di vivere all’interno di una  comunità. Facilita i rapporti con l’altra parte della società, al di fuori della famiglia”.
Poligamia progressista e antirazzista dunque e chissenefrega dei diritti delle donne che proprio ieri la Boldrini (sua accanita compagna di lotte immigrazioniste) diceva di voler sostenere.
Poligamia legale, spiega la Kyenge, che dice che suo padre “cattolico” non ha fatto nulla di proibito, perché in alcuni stati la legge permette di sposare fino a 4 mogli.
La Chiesa deve imparare, sembra poi suggerire, quando la conduttrice le chiede come sia possibile che un cattolico possa avere 4 mogli. “Questi sono paesi dove religione e tradizione hanno imparato a convivere”.

LETTERA APERTA A CECILE KYENGE

Gentile signora Kyenge,
mi scuso, ma non riesco a chiamarla Ministro, non per razzismo come molti possano essere indotti a pensa...re, ma per criterio.
Non posso chiamare Ministro chi si dichiara a metà tra il mio paese ed un altro, mentre ha giurato fedeltà alla mia Costituzione.
Non accetto che lei parli a nome mio e dei miei concittadini definendoci "meticci". Io sono di generazioni italiana, nel mio albero genealogico ci sono persone che hanno dato la vita per questo paese, ho una cultura, la mia, quella del mio popolo, che amo e che non voglio cambiare con nessun altra.
Sono stanca di sentirmi straniera a casa mia; di dovermi giustificare per le mie tradizioni; di dover continuamente sopportare, tollerare che l'ultimo arrivato, che nemmeno possiede una goccia del mio sangue, mi venga ad impartire ordini.
Io e il mio paese siamo tutt'uno. Lei ben sapendo di non appartenere completamente a questo paese ha espresso un giuramento sulla mia Carta , offendendola, perché lei stessa ha dichiarato di non sentirsi completamente italiana.
Non avrebbe dovuto farlo gentile signora Kyenge, solo per rispetto verso la mia gente che ha sempre accolto tutti con amore e solidarietà. Oggi lei forte dei poteri che le sono stati dati, e non dal popolo italiano, tuona possentemente che serve una nuova legge in materia di immigrazione; imperativamente lei afferma che serve il riconoscimento dello ius soli... ma forse le è sconosciuta quella parte del diritto millenario, conquistato con il sacrificio di molte vite umane, per cui non è sufficiente risiedere in un paese per averne di diritto cittadinanza.
Lei pretende diritti, senza offrire solidarietà, senza obblighi, anzi lei pretende che quel principio giuridico che dice "ove vi è un diritto vi è sempre un obbligo" di colpo venga smembrato dotando una parte di soli diritti ed un'altra di soli obblighi.
Io non ci sto signora Kyenge. Lei non mi rappresenta e non mi rappresenterà mai. Io non l'ho votata signora Kyenge; io amo la mia cultura, le mie tradizioni e non mi interessa che vengano integrate da altre, posso accettare di conoscerle, apprezzarle e rispettarle, ma pretendo la stessa contropartita.
Non si rispetta un popolo imponendogli un'invasione indiscriminata; non si può chiamare etica una sbilanciamento a favore di una singola parte.
Ci pensi signora Kyenge, le sue dichiarazioni hanno gettato un'ombra sulla storia di questo paese, lei non potrà essere di aiuto per gli italiani, tanto meno per gli immigrati.

LORELLA PRESOTTO

POST SCRIPTUM a cura di Stefano Davidson:

Gentile Signora Kyenge, io ho vissuto in Kenya ed ho avuto numerose esperienze in altri Paesi Africani (nord, centro e sud). In nessuno di essi ho mai trovato un centesimo della disponibilità e della tolleranza nei confronti del "msungu" italiano che gli immigrati di tutto il mondo in un modo o nell'altro trovano in Italia a partire dall'atteggiamento nei loro confronti tenuto dalle istituzioni. Questo mio intervento al termine della lettera soprascritta vuole unicamente sottolineare come ciò che la gran parte di coloro che arrivano in Italia e pretendono sia dal nostro Paese che dal nostro popolo, a casa loro spesso non lo trovano riservato nemmeno per loro stessi, figuriamoci per chi nei loro Paesi arriva per lavoro o per aprire un'attività.
Ovviamente non entro nei particolari per evitare alla lettera di diventare chilometrica e di assumere toni esageratamente polemici.



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