lunedì 3 giugno 2013

ACCA LARENTIA: NESSUNO PUO' FERMARE IL RICORDO

7 gennaio 1978: i ragazzi del "Fronte della Gioventù" stanno facendo un volantinaggio nel quartiere Tuscolano, in via Acca Larentia, per cercare di far arrivare quanta più gente possibile ad un concerto che hanno organizzato. Suoneranno gli "Amici del Vento", uno dei gruppi più famosi e più validi della musica alternativa.
Sono anni difficili, in cui si muore a causa di un'idea, in cui "uccidere un fascista non è reato". Le piazze sono autentiche polveriere; basta un nulla per innescare la scintilla ed in men che non si dica le stesse piazze, le strade, i quartieri ed i viottoli si trasformano in un campo di battaglia. Il potere politico è accentrato nelle mani della DC. Fuori dalle Camere, però, gli opposti estremismi si danno battaglia senza esclusione di colpi. Sono gli strascichi della Guerra Civile tenutasi dal '43 in poi, alimentata dall'odio comunista e dal desiderio di riscatto di tante Camicie Nere e dei loro figli. I compagni hanno ancora sete di sangue; i Camerati, invece, vogliono vendicare tutto quello che hanno versato. Lo Stato, nel frattempo, lascia che tutto questo avvenga, intervenendo demagogicamente per legittimarsi politicamente.
In questo clima, dicevo, i ragazzi del "Fronte della Gioventù" escono dalla sede del Movimento Sociale Italiano per pubblicizzare un concerto. Appena usciti in strada, vengono raggiunti dal piombo esploso da una mitraglietta Skorpion, un'arma usata dall'estremismo rosso, dalle Brigate Rosse in particolare. Il ventenne Franco Bigonzetti cade sul colpo. Francesco Ciavatta, diciottenne, cerca di rifugiarsi dopo essere stato ferito, ma i suoi aggressori lo raggiungono e lo uccidono colpendolo alla schiena. Altri tre ragazzi, Vincenzo Segneri, Maurizio Lupini e Giuseppe D'Audino, riescono a sopravvivere all'attentato. Lo sgomento, la rabbia e la disperazione si diffondono immediatamente per tutta Roma. Si raduna una folla di gente che vuole esprimere tutta la sua indignazione e tutto il suo dolore, composta principalmente da missini. La situazione si scalda, a causa di uno sbirro che sfregia il sangue raggrumato dei due ragazzi. La protesta si fa violenta. Allora la Polizia spara ad altezza d'uomo. Stefano Recchioni viene ferito alla testa. Morirà due giorni dopo. Qualche giorno dopo arriva la rivendicazione da parte di Contropotere Territoriale. Intanto, il padre di Ciavatta, straziato dal dolore, si toglie la vita.
Per questa strage, per tutto questo sangue nessuno ha pagato. I principali imputati sono stati assolti per insufficienza probatoria.Uno sfregio ulteriore a quei ragazzi innocenti, morti perché volevano un Paese diverso, un Paese che fosse anche Patria, senza l'odio comunista e senza l'oppressione capitalistica. Ragazzi che hanno preferito l'impegno e l'idealismo politico a quel piccolo progetto di vita borghese cui l'Italia post-resistenziale li aveva condannati. Volevano molto di più di qualche cianfrusaglia materiale e di un conto in banca. Speravano di veder crescere una società fondata su valori di sangue, di fratellanza e di reciproca assistena patriottica. Aspiravano ad un mondo in cui nessuno fosse oppresso dal potere finanziario, in cui ciasciun popolo potesse vivere sulla propria terra, in pace coi suoi connazionali. Un sogno che fu loro negato, come la memoria. Perché di questi ragazzi vogliono addirittura vietarci il ricordo, impedendoci di organizzare cortei in loro onore. Ma non ci fermeranno. La memoria di quei giovani sarà comunque onorata, costi quel che costi. Perché nessuna legge è più forte dell'amore e del rispetto per i morti. Lo avevano scritto qualche secolo fa Sofocle nell' "Antigone" e Foscolo nei "Sepolcri". Questi signori non l'hanno ancora capito. Peggio per loro.

FRANCESCO, FRANCO E STEFANO: PRESENTI. EJA, EJA, ALALA'. 

Roberto Marzola.
 

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