mercoledì 23 ottobre 2013

La Francia uscirà dall’ Euro. L’Europa è solo il bluff di un pugno di tecnocrati.

23 ott – [Le questioni sono distinte: l’appartenza all’unione monetaria implica l’appartenenza all’Unione Europea, non è vero il contrario, Ndt] Assistiamo ad un piccolo terremoto in Francia. Un partito schierato per l’uscita dall’euro, per il ritorno al franco francese e per la totale disgregazione dell’unione monetaria ha appena sconfitto il partito al potere [UMP, principale partito di centrodestra nel quale milita l’ex presidente della repubblica N. Sarkozy, Ndt] al ballottaggio nella località di Brignoles.
Non c’è in ballo solo l’euro ma anche la minaccia dell’uscita della Francia dall’Unione Europea, fattore che eserciterà un’influenza politica nell’eventualità di un analogo referendum in Gran Bretagna [il partito conservatore del premier inglese D. Cameron è favorevole ad indirlo nel giro di qualche anno, probabilmente entro il 2017, Ndt ].
Il Front National di Marine Le Pen ha vinto con il 54% dei voti. E’ stata una dura sconfitta per i gollisti dell’UMP che rischiano la scissione se non saranno capaci di individuare un nuovo leader in tempi brevi.
I socialisti del presidente Hollande sono stati sconfitti nella prima tornata elettorale, a causa dei loro tanti militanti che hanno votato per il Front National. I socialisti pensavano che quest’ultimo li avrebbe avvantaggiati dividendo l’elettorato di destra. Si sono resi conto, solo alla fine, dell’errore compiuto.
Il Front National è attualmente il principale partito in Francia con il 24% dei consensi secondo il più recente sondaggio dell’Ifop. Non era mai accaduto, dal dopo-guerra ad oggi, che i due maggiori partiti (UMP e Socialisti) venissero superati. I gollisti (UMP) sono al 22% e i socialisti al 21%.
Mi viene da sorridere ripensando a ciò che mi disse a giugno Marine Le Pen: [http://www.telegraph.co.uk/finance/financialcrisis/10151286/Frances-triumphant-Joan-of-Arc-vows-to-bring-back-franc-and-destroy-euro.html] se vincesse le elezioni presidenziali, come primo atto, annuncerebbe un referendum sull’uscita dall’Unione Europea, invitandomi ad incontrarci l’anno successivo.
“Negozierò sulle questioni per noi irrinunciabili. Se non si giungesse ad una soluzione soddisfacente, chiederò l’uscita. L’Europa è solo un bluff. Da un lato vi è l’enorme potere di popoli sovrani, dall’altro un pugno di tecnocrati.”
Alla domanda su un’uscita immediata della Francia dall’euro, dopo qualche istante di esitazione, mi rispose: “Si, perché l’euro impedisce qualsiasi autonomia nelle scelte di politica economica. La Francia non è un paese che possa accettare di ricevere ordini da Bruxelles”.
I tecnici verrebbero incaricati di pianificare un ritorno al franco. I leaders dell’Eurozona sarebbero chiamati ad una difficile decisione: collaborare con la Francia per concertare l’uscita, coordinando la rottura dell’unione monetaria o attendere fatalmente una disgregazione disordinata.
“Non dobbiamo ascoltare le sirene. L’euro cesserebbe nel momento stesso della nostra uscita, questa è la nostra forza. Cosa farebbero? Invierebbero i carri armati?
I suoi quattro punti irrinunciabili per restare nell’ Unione Europea sono: l’uscita dall’euro, la re-introduzione dei controlli alla frontiera, la superiorità della legge francese [rispetto alle norme europee, Ndt] e ciò che lei chiama “patriottismo economico”, cioè la possibilità per la Francia di perseguire un “protezionismo intelligente” e salvaguardare lo stato sociale. “Non riesco ad immaginare una politica economica senza il pieno controllo di quella monetaria”.
L’intervista risale a giugno, da allora il Front sta mietendo i maggiori successi elettorali nei cantoni tradizionalmente socialisti, chiara prova che sta avendo successo, anche al di fuori delle proprie enclavi di destra, e divenendo una forza elettorale capace di rappresentare la classe dei lavoratori [classe lavoratrice “bianca”, non vi è alcuna volontà di attrarre l’elettorato di colore, Ndt].
Da qui il nuovo termine coniato dalla stampa francese “Le-penismo di sinistra”. Sta scavalcando a sinistra i socialisti attaccando le banche ed il capitalismo internazionale. Il partito ha da poco accolto tra le sue fila Anna Rosso-Roig, candidata per il partito comunista nelle elezioni del 2012.
Il piano di uscita dall’euro della Le Pen è basato sugli studi degli economisti dell’École des Hautes Études di Parigi, diretta dal professore Jacques Sapir.
Secondo gli studiosi la Francia, la Spagna e l’Italia beneficerebbero di un’uscita dall’euro, potendo riacquistare immediatamente competitività sul versante del costo del lavoro senza anni di decrescita [per riacquistare competitività nei confronti dell’estero, se non si ha la possibilità di svalutare la moneta perché si appartiene ad una unione monetaria, occorre realizzare una svalutazione interna, cioè ridurre i salari con la conseguenza però di deprimere ulteriormente la domanda interna, Ndt].
L’ipotesi alla base del loro studio è che gli squilibri [nella bilancia dei pagamenti, Ndt] fra Paesi del Nord Europa e Paesi del Sud Europa siano giunti ad un punto di non ritorno. I tentativi di ridurli attraverso una deflazione ed il tagli dei salari causerebbe disoccupazione di massa e la perdita di buona parte dell’apparato industriale.
Il professor Sapir ha sostenuto che la soluzione migliore sarebbe uno smantellamento coordinato dell’euro con controlli nei movimenti dei capitali e con le banche centrali impegnate a far convergere le nuove valute verso le quotazioni desiderate. Il modello stima che il marco tedesco ed il fiorino olandese siano rivalutati del 15% rispetto al vecchio euro mentre il franco sia svalutato del 20%. I vantaggi dell’uscita dall’euro sarebbero minori in caso di una disgregazione non concertata e di brusche fluttuazioni delle valute. Si verificherebbe una pesante deflazione in Germania, ma comporterebbe comunque benefici per i Paesi del Sud.
Non ho intenzione di entrare nel dibattito sulla sincerità o meno del Front National nell’aver rimosso le sue istanze antisemite, o se le sue proposte politiche sull’immigrazione e l’integrazione condurranno inevitabilmente ad una resa dei conti con i 5 milioni di francesi musulmani. Questo è un blog che si occupa di finanza.
La mia impressione è che Marine Le Pen abbia una visione più moderata sui diritti degli omosessuali e sull’aborto di quello che dica. Per certi versi è più vicina alle posizioni populiste del politico olandese assassinato Pim Fortuyn che a quelle di suo padre Jean-Marie Le Pen, che si lamenta delle idee “piccolo borghesi” maturate dalla figlia frequentando le scuole di Parigi.
La sua campagna di “de-demonizzazione” sembra stia funzionando. Solamente una minoranza di elettori ancora ritiene che il Front sia “una minaccia per la democrazia”. La Le Pen sta conquistando il consenso di moltissime lavoratrici bianche. Il Front, con una leadership femminile, non è più un partito maschilista bianco.
Se il padre chiamò l’Olocausto un “dettaglio” della storia, lei lo definisce “l’apice della barbarie umana”. Comprendo quanti ritengono ciò puro cinismo. I partiti non cambiano volto così velocemente. Ma così come i consiglieri dei socialisti avevano avvisato Hollande, la situazione è cambiata. Non è più il momento di continuare ad insistere che il Front ha posizioni inaccettabili. Si è aperto un nuovo scenario.
Potrei aggiungere che il Front non ha nulla a che vedere con l’Ukip, essenzialmente nazionalista, di destra, libertario, contro lo stato sociale e a favore del libero mercato. Marine Le Pen è una fiera sostenitrice del modello francese di stato sociale. La sua critica al capitalismo le dona una sfumatura di sinistra. Alcuni chiamano questo atteggiamento nazionalismo socialista degli anni ’30 tendendo verso posizioni populiste.
Critica severamente Washington e la Nato, rivendicando per la Francia una politica di Paese “non schierato” in un mondo multipolare, e rinfaccia al partito gollista UMP di aver venduto l’anima della Francia all’Europa e all’egemonia anglo-americana. “De Gaulle aveva tratti di sinistra e tratti di destra. Noi siamo per entrambi”.
L’ascesa del Front National continua a ricordarci che la lenta crisi politica dell’Europa è lungi dall’aver raggiunto l’apice. La disoccupazione di massa e le conseguenze negative delle politiche di deflazione stanno minando le fondamenta dell’establishment, così come avvenne nei primi anni ’30 sotto il regime del Gold Standard [regime di cambi fissi che coinvolse i principali Paesi del mondo, cfr. http://it.wikipedia.org/wiki/Sistema_aureo, Ndt], analoga situazione dell’attuale unione monetaria europea.
La Francia sta soffrendo la stessa lenta agonia di allora, quando accettò stoicamente la politica deflazionistica del premier Pierre Laval. La situazione fu arginata solo momentaneamente. Ma nel 1936 deflagrò con il sostegno del Fronte Popolare, coalizione di sinistra, ed il supporto dei comunisti. Il regime del Gold Standard crollò.
Il Fiscal Compact voluto da Angela Merkel è esattamente una rivisitazione della politica deflazionista di Laval. Non c’è nessuna giustificazione macroeconomica per aver costretto la Francia all’inasprimento fiscale così pesante degli ultimi due anni, spingendo l’economia nuovamente in recessione. Le misure sono state fatte ingoiare alla Francia perché la dottrina dell’Unione Europea prevede solo “austerity” [riduzione della spesa pubblica ed aumento delle tasse con l’obiettivo di ridurre il debito pubblico, Ndt] (senza controbilanciarla con stimoli monetari [creazione di moneta da parte della banca centrale per facilitare il credito a beneficio di consumatori ed imprese, Ndt]) e perché la Francia ha permesso alla Germania di decidere per tutti.
Possiamo discutere se la politica perseguita sia stata controproducente per l’economia. Ciò che è palese è che abbia frantumato l’assetto politico francese, aprendo le porte al Front National.
E’ ora probabilissimo che il Front abbia la strada spianata nelle prossime elezioni europee nel maggio 2014, un appuntamento perfetto per la loro agenda. Non sarà solo. Gli euro-scettici minacciano l’emiciclo di Strasburgo [sede del Parlamento Europeo, Ndt]. Sarà un altro fattore in gioco.
Le più grandi paure delle elite europee si stanno avverando. E’ solamente colpa loro.

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