venerdì 8 novembre 2013

400 milioni (di euro) di motivi -


Alemanno lascia Pdl: verso Fratelli d'Italia
Alemanno, Storace, La Russa e Fini: 400 milioni (di euro) di motivi per tornare insieme-


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Alemanno lascia Pdl: verso Fratelli d'Italia
L'ex sindaco di Roma pronto allo strappo con il Pdl per sbarcare in Fratelli d'Italia. E' l'anticamera a una riunione degli ex An? Le voci sul tesoretto direbbero questo


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Alemanno lascia Pdl: verso Fratelli d'Italia

Una volta c’era il Movimento Sociale Italiano, con Giorgio Almirante, Pino Rauti e i missini. Poi rimasero i missini guidati dal ‘figlioccio’ di Almirante, Gianfranco Fini, che, a cavallo tra il ’93 e il ’94, traghettò con la svolta di Fiuggi i nostalgici del ventennio, i ‘repubblichini’, la destra radicale, i ‘neri’, dentro ad un nuovo steccato storico, il post-fascismo, quello di Alleanza Nazionale. C’era da fare l’accordo con Berlusconi e per questo, all’epoca, era imprescindibile una nuova riverniciata politica: dall’apologia mitologica del Duce, ingessata e anacronistica, ad una destra dinamica, con un respiro europeo, con le carte in regola per candidarsi al governo del Paese. L’operazione di Fini e company (da Storace a La Russa, da Alemanno a Matteoli, per citarne alcuni) si concretizzò con la prima esperienza di governo firmata da Silvio Berlusconi.
Da lì in poi, la storia è lunga ma breve: un partito che vola fino al 15,7% nelle politiche del’96, e che per anni è stato la spalla, a destra, su cui si è poggiata l’era del Cavaliere. Poi i primi dissidi, i ricatti, il Cav che, soffocato dalla morsa Casini – Fini, a Milano lancia dal predellino della sua vettura il Popolo della Libertà. Casini strappa, Fini gli va dietro. Ma per poco, pochi mesi e rientra nei ranghi: scioglie An e confluisce con gli (ex) missini nel Pdl. Fine della destra italiana, il sogno che fu di Almirante si ferma qui ed è messo nero su bianco da quel “che fai, mi cacci?” sbattuto sui denti da Fini a Berlusconi. Sono i giorni di Fli, guidato da Fini e Bocchino, che si portano con sé un pezzo di quella maggioranza che sostenne l’ultimo esecutivo Berlusconi, gli stessi che lo costrinsero alla logica della coperta corta (Scilipoti o meno). Quel governo frana, arriva Monti. Pochi mesi fa, le politiche. La destra si presenta spezzata in tre parti: gli ex An rimasti con Berlusconi, Fli di Fini a braccetto con Monti, la Destra guidata da Storace, e il nuovo soggetto, l’esperimento di Meloni, La Russa, Crosetto, FdI, Fratelli d’Italia.
Tre pezzi e un problema: dov’è finita la destra? Uno spezzatino, sganciato dal grosso del corpo elettorale, disperso e sempre più apolide. Avanti così fino al patatrac: le amministrative e il tonfo della destra nella Capitale. Roma al Pd con Ignazio Marino, che esulta, Alemanno, il sindaco uscente, ex di ferro Msi, ex An, in lacrime.
Che c’entra Roma con tutto questo. C’entra, e anche parecchio. Si perché perdere il Campidoglio non ha smosso solo le acque romane, ma quelle nazionali. Le lacrime di Alemanno sono durate il tempo di lasciare il Cavaliere. Quel Berlusconi che nel frattempo fa la voce grossa nel governo Letta, che continua a fare a cazzotti con la magistratura, e che lancia la vecchia Forza Italia, la versione 2.0.

FORZA ITALIA 2.0 E GIA' REALTA'

E la destra? Comincia a fare le grandi manovre. Si perché se il Pdl farà da contenitore alla coalizione ci potrebbe essere margine per una nuovo soggetto politico, di destra, unito. Un progetto che sa molto di una nuova An, magari sotto l’effige di una scommessa che comincia a dare frutti buoni, numericamente parlando, Fratelli d’Italia appunto. E non è un caso che, cominciate le chiacchiere, si parla di Alemanno, che ha in testa di rifondare la destra, come prossimo a passare nella pancia di Fratelli d’Italia. Possibile? Stando alle voci sì. Stando ai comunicati ufficiali no. Anzi stando ai virgolettati, a destra, pare sia cominciata una faida celata per troppo tempo.
“Alcune notizie infondate apparse sulla stampa – afferma Fabio Rampelli, cofondatore di FdI – rendono necessario precisare che non c’è alcun passaggio di Alemanno con Fratelli d’Italia”. E ancora: “Abbiamo parlato con lui e con altre decine di personalità sulle prospettive future del centrodestra in un dibattito talmente palese da trovare riscontro quotidiano sulla stampa. Abbiamo lealmente sostenuto Alemanno come sindaco della capitale per 5 anni, nonostante le posizioni spesso non coincidessero e siamo convinti che, se ci avesse ascoltati di più, avrebbe avuto un diverso risultato”. Rampelli assicura che “qualora lui o altri facessero richiesta di ingresso nel nostro Movimento coinvolgeremo immediatamente i nostri quadri, senza strappi e decisioni verticistiche e senza la logica stucchevole delle veline giornalistiche. Non abbiamo fondato Fratelli d’Italia per governarla con gli editti in uso in altri partiti o con le indiscrezioni. Le prime regole per noi sono trasparenza e correttezza. Le nostre aggregazioni saranno discusse e condivise con il nostro mondo oppure non saranno. Se Alemanno ha problemi con il PdL li saprà agevolmente risolvere senza di noi”. Insomma, un no che è un ‘ni’. La nuova ‘cosa nera’ potrebbe ripartire da qui.
Da qui e dalla spartizione del ‘tesoretto’, quello che Almirante prima, e An poi, ha lascato agli ex di turno. Si parla di 400 milioni di euro, tra immobili e contanti, congelati in una Fondazione all’epoca della fusione con Forza Italia. Erano lì allora, sono lì ancora oggi. E qui il mistero s’infittisce, perché quei soldi non hanno padrone, o meglio, hanno quattro padroni: Fli di Fini, che si diverte a fare il pensionato d’oro; Storace; La Russa; e Alemanno. Tre partiti, un progetto in potenza. Tutti ex. Che per un motivo, politico, o per un altro, la gestione economica o politica del ‘capitale’, potrebbero a breve sotterrare l’ascia di guerra. Fini escluso, ovviamente.
 
 



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