giovedì 28 novembre 2013

Manoscritto del Comandante Junio Valerio Borghese

di Lino Mancini.
Presentazione del quadernetto del Comandante: La X^ flottiglia MAS
Per comprendere le motivazioni che spinsero il comandate Borghese a scrivere una relazione su un quadernetto, durante la sua prigionia dopo la fine della repubblica del Nord, è necessario partire proprio dalle sue vicissitudini che iniziarono con lo scioglimento della X^ MAS avvenuta a Milano il 26 Aprile del 1945.
Sciolta la X^ Mas, il Comandante Borghese fu preso in consegna, su richiesta dei servizi segreti americani, dai comandanti partigiani Sandro Faini, vice comandante del Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia e Corrado Bonfantini, comandante della brigata partigiana “Matteotti”.
Questi, con vari cambi di sede, lo tennero nascosto a Milano fino all’ 11 maggio sottraendolo alla ricerca dei partigiani più scalmanati.
Questa operazione, a difesa dell’incolumità di Borghese, fu possibile per gli accordi precedentemente sottoscritti tra i servizi segreti alleati e il C.L.N.A.I. (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia). Faini e Bonfantini rappresentarono, sia per la decima che per Borghese, due figure di alta civiltà e umanità nelle nefandezze perpetrate da italiani contro altri italiani nella guerra civile scatenatasi dopo il venticinque aprile.
Il com.te Borghese, successivamente, fu trasferito da Milano a Roma a cura del Capitano di Fregata Carlo Resio del S.I.S. (Servizio Informazioni Segrete) Marina e da James Angleton (detto Jimmy), agente dell’ O.S.S. (Office Secret Service): il trasferimento avvenne il 19 maggio 1945.
Da questo momento il Comandante Borghese, nonostante i processi a cui fu sottoposto e la detenzione comminatagli, rimase di fatto sotto la protezione dei servizi segreti statunitensi con i quali aveva già stabilito rapporti prima della fine della guerra.
Proprio l’agente Angleton raccontò, in un’intervista rilasciata al giornalista Livio Caputo negli anni settanta, che Borghese era stato contattato dagli alleati già dal febbraio del 1945.
A contattarlo fu proprio altro esponente della X^ MAS, il Cap. del Genio Navale Antonio Marceglia, Medaglia d’Oro al Valor Militare per l’affondamento della corazzata inglese “Queen Elizabeth” ad Alessandria.
Marceglia era rientrato dalla prigionia dopo l’otto settembre come collaborazionista avendo accettato di aderire al regno del sud, era stato catturato ad Alessandria dopo l’azione da lui effettuata. Fu reintegrato nei quadri della Marina del sud e destinato al nuovo reparto assaltatori (Mariassalto) costituito a Taranto.
Nel febbraio del 1945 fu inviato al Nord per contattare Borghese ma, appena passato il fronte nei pressi di Carrara, incappò in un rastrellamento tedesco e fu fatto prigioniero. Ebbe però, su sua richiesta, la possibilità di contattare Borghese che gli fornì una copertura inquadrandolo nella sua unità.
Era riuscito, comunque, nella sua missione che consisteva nel portare a Borghese la richiesta alleata; gli veniva chiesto di collaborare, impedendo così ai tedeschi di attuare il loro piano che prevedeva, durante il loro ritiro dall’Italia del Nord, la distruzione dei porti e delle infrastrutture industriali.
Borghese accettò e impedì la distruzione del porto di Genova e di molte fabbriche, tra cui gli stabilimenti FIAT.
Il Comandante Borghese, con il trasferimento a Roma, iniziò il suo periodo di carcerazione che terminerà il 17 febbraio del 1949 con la conclusione dei processi a cui fu sottoposto.
Da prima fu portato nel campo di concentramento di Cinecittà (Maggio – Ottobre 1945), poi nella Casa Penale di Procida (Ottobre 1945- Settembre 1947), nel carcere militare di Forte Boccea (Settembre 1947 – Gennaio 1948) per la fase d’istruttoria processuale e per ultimo nel carcere di Regina Coeli (Gennaio 1948- Febbraio 1949) per i processi.
Gli anni trascorsi nelle patrie galere non sono da addebitare agli alleati che, per coinvolgerlo in una collaborazione anti russa o più propriamente anticomunista, gli assicuravano, come già detto, una loro protezione. Le difficoltà gli furono create proprio dagli italiani e più precisamente della Regia Marina che non riconosceva più in lui quel glorioso ufficiale, ancora Capitano di Fregata, decorato per le sue imprese di Medaglia D’oro al Valor Militare.
A dargli il colpo di grazia fu proprio un suo superiore diretto ai tempi del suo comando sul sommergibile Scirè, l’Ammiraglio di Squadra Raffaele de Courten, Ministro e Capo di Stato Maggiore della Marina, che aveva ufficialmente richiesto che Borghese fosse prelevato a Milano per essere trasferito a Roma e così dar corso a quel procedimento penale che lo stesso ammiraglio aveva avviato nei confronti di Borghese, subito dopo l’ 8 settembre,  e successivamente ratificato con decreto luogotenenziale del 14 settembre del 1944.
Resio ed Angleton, una volta giunti a Roma da Milano, sempre il 19 maggio del 1945, si presentarono alle 23,30 a casa dell’Ammiraglio de Courten per avere disposizioni, Borghese era stato lasciato sotto casa in macchina. L’ammiraglio consigliò, come lui stesso riporta in una sua deposizione, quanto segue:
“ …..Consigliai loro la soluzione più opportuna per evitare che il caso fosse posto ad immediate sanzioni, le quali non avrebbero potuto essere di carattere estremamente grave e per mettere Borghese in condizioni di essere giudicato in tempi di maggiore serenità ed obiettività. E così è infatti avvenuto”.
Di fatto, de Courten disponeva che Borghese fosse arrestato per dar corso ai procedimenti penali che lui stesso aveva richiesto. Proprio per difendersi e per lasciare una traccia autografa di quelle che erano state le sue vere intenzioni nel fare le scelte che fece in quella tragica sera dell’8 settembre 1943, nel periodo di carcerazione trascorso tra Cinecittà e Procida, il com.te Borghese compilò su un quaderno una relazione dal titolo “La X^ Flottiglia MAS”.
L’idea di trascrivere una relazione su un quadernetto gli venne il “20 maggio del 1945″ quando, prigioniero a Cinecittà, ricevette la visita di un capitano Inglese che lo invitò a mettere per scritto il suo interrogatorio non avendo, questi, tempo per interrogarlo. Borghese chiese un quaderno e su questo iniziò a scrivere: il 16 giugno 1945 consegnò il suo lavoro, le prime sessantadue pagine dell’attuale quadernetto, chiedendone la restituzione che avvenne qualche decina di giorni dopo.
Successivamente, l’8 agosto gli fu sequestrato e definitivamente riconsegnato il 22 ottobre 1945, prima del suo trasferimento nella casa circondariale di Procida. Il quadernetto lo completò durante la detenzione a Procida.
Nel settembre 1947, il com.te Borghese, ricondotto a Roma nel carcere militare di Forte Boccea per l’istruttoria dei suoi processi, volle mettere al sicuro questo quadernetto, contenente quello che può essere definito un suo testamento spirituale, consegnandolo di nascosto ad una sua ex fidatissima ausiliaria della X^ MAS che gli aveva fatto visita in carcere.
Questo quaderno, nel 1948, l’ausiliaria lo affidò a un sergente della X^ MAS, Antonio Pasqualis, che aveva conosciuto a La Spezia nell’aprile del 1944 durante un bombardamento.
Il Pasqualis era un ragazzo di Laurana (Fiume) che nel luglio 1943, terminato il liceo classico, fu chiamato alla visita di leva e subito arruolato in Marina con l’obbligo di presentarsi a La Spezia il 7 settembre 1943. Come lui stesso scrive in una sua lettera:
“Potevo tornare indietro? No. Restai in Marina”.
Rimase nella Marina da Guerra della Repubblica Sociale Italiana, X^ MAS, e prestò servizio nel battaglione “Barbarigo”. Sempre dalla sua lettera:
“Assolsi il mio servizio militare il 30 aprile 1945, dopo aver accompagnato alle rispettive case, alcune Ausiliarie che abitavano nei pressi di Gorizia”.
Nel 1998, il Pasqualis, dopo aver letto degli articoli sulla Rivista Marittima, scrisse all’autore di questi articoli, l’Amm. Alberto Salvadori, quanto segue:
“Ammiraglio, ho letto e riletto con estremo interesse i Suoi lavori “La fine dei due Imperi”e “Dovere e valore” da Lei pubblicati su il Supplemento della Rivista Marittima del giugno 1998. Sono studi incisivi e ben condotti, con competenza ed elevato senso storico, difficile a trovarsi oggigiorno. Vorrei, se mi permette, chiarirle un punto del secondo lavoro e precisamente quando nella Nota N°14 (pag.87):
Lei afferma di essere sorpreso di come mai alla Famiglia di un “non collaborazionista” in odore di tradimento venisse corrisposto metà dello stipendio del Capo Famiglia. Troverà la risposta al pargrafo 13 (pag.73) della Memoria del Com.te Borghese, che mi permetto d’inviarLe. (Il Pasqualis invia all’ammiraglio una copia del quaderno in questione- n.d.r.) Sono passati ormai cinquanta anni dal giorno in cui detta memoria (scritta in carcere)mi fu affidata dal … … … … … del Servizio Ausiliario della X^ MAS. Quindi mi sento libero di fargliela pervenire…”… (nome dell’ausiliaria omesso per rispettare il suo desiderio di anonimato –n.d.r.)
L’Amm. Salvadori propose alla Rivista Marittima la memoria ricevuta ma non fu pubblicata perché l’allora direttore aveva fatto delle scelte editoriali che non prevedevano che la rivista continuasse nella pubblicazione di diari e memoriali; voleva che la rivista non diventasse una succursale dell’Ufficio Storico continuando in questo tipo di pubblicazioni (dichiarazione rilasciatami dall’Amm. D’Agostino, all’epoca Direttore della Rivista Marittima – n.d.r.).
Questo quadernetto , anche se non è stato mai pubblicato per intero, non è inedito perché alcuni ufficiali della X^ MAS ne erano a conoscenza. Nel 2003, infatti, ne ebbi conferma durante un mio colloquio con Mario Bordogna, “Ufficiale Addetto al Com.te Borghese” e poi Presidente dell’ “Associazione Combattenti X^ Flottiglia Mas”.
Il Bordogna mi disse che era a conoscenza del quaderno e che costituiva uno dei documenti di riferimento del suo libro “Junio Valerio Borghese e la X^ Flottiglia Mas – Settembre 1943 Aprile 1945”; due pagine del quadernetto, riprodotte, sono state inserite nel libro. Anche Sergio Nesi, Ufficiale dei Mezzi D’assalto di Superficie della Marina del Nord, nel suo libro “Decima Flottiglia Nostra”, cita questo quadernetto riportandone dei passi. Sempre Bordogna mi disse che questo quadernetto fu fatto circolare negli anni settanta.
Probabilmente il Pasqualis non voleva che questa memoria andasse perduta e aveva fatto in modo che responsabili dell’ “Associazione Combattenti della X^ Flottiglia MAS” ne venissero a conoscenza. Ma questa è solo una mia supposizione in relazione al fatto che, da quanto risulta dalla lettera prima citata, sembrerebbe che il Pasqualis fosse l’unico custode del quaderno.
Copia di questo quaderno, indirettamente, l’ho ricevuta anche io dal Pasqualis. Infatti, un giorno, un mio collega, ex ufficiale di Marina come me, sapendomi interessato a questi argomenti, me ne donò una copia, riproducendola da quella ricevuta dal Pasqualis per il tramite di una parente di quest’ultimo.
Il Pasqualis forse pensava che il mio collega, per i suoi trascorsi in Marina, avrebbe potuto adoperarsi per una pubblicazione qualificata di questo quaderno senza infrangere la presunta volontà di Borghese, a suo tempo espressa alla fidatissima ausiliaria a cui aveva affidato il quadernetto, di non pubblicarlo prima di cinquanta anni dalla fine della guerra.
Personalmente, mi sarebbe piaciuto che Borghese fosse uscito di scena alla fine dei suoi processi, cioè nel 1949, e che quei giudici militari che lo condannarono lo assolvessero, che potesse essere riabilitato nel suo grado ed essere, quindi, ricordato come soldato e come eroe. Così non fu, il tribunale lo condannò a dodici anni di reclusione ed interdizione dai pubblici uffici, di cui nove anni gli furono condonati tenendo conto:
  • dell’amnistia di Togliatti
  • del suo glorioso passato militare
  • della collaborazione da lui fornita agli alleati
Naturalmente già così, come documenta Mario Bordogna, riportando nel suo libro prima citato una recensione della stampa dell’epoca, la reazione della stampa comunista fu violenta, ritenendo la condanna mite se rapportata alla sicura condanna a morte che i tribunali partigiani gli avrebbero comminato se fossero riusciti a catturarlo.
A nulla valsero i suoi ricorsi contro la sua sentenza sia in Appello che in Cassazione, il 10 settembre del 1950  quest’ ultima  Suprema Corte la rese definitiva. Borghese continuò a combattere per la sua riabilitazione che alla fine gli fu concessa:
  • prima dalla Corte di Appello di Roma nel 1958
  • poi nel 1959 dal Tribunale Supremo Militare
Indefinita resta, come da lui stesso dichiarò in un’intervista rilasciata al giornalista Giampaolo Pansa nel dicembre 1970, due giorni prima del presunto”Golpe”, la sua posizione nei quadri della Marina Militare:
“Per essere esatto, sono stato cancellato dai ruoli degli ufficiali con un provvedimento del luogotenente nel 1944… Da allora non si è mai più bene saputo che cosa sono. Quando la Marina si rivolge a me ufficialmente mi chiama “Comandante”, ma credo che sia abusivo questo titolo dal punto di vista strettamente legale”.
Tuttavia al Comandante Borghese fu riconosciuta una pensione per il grado di Capitano di Fregata, ridotta come previsto da una legge speciale per chi ha subito condanne. Ma, come lui stesso dice, sempre nell’intervista,
“..Non è stato ricostituito il mio status giuridico.”
Le sua attività post 1949:
  • Presidenza Onoraria del Movimento Sociale Italiano (1952-1954)
  • Fondazione del “Comitato Tricolore Nazionale” (1964)
  • Fondazione del “Fronte Nazionale” (1968)
  • Il presunto golpe del 1970
lo fecero apparire come un estremista nostalgico. La lettura di questo quadernetto permetterà di comprendere perché un valoroso Ufficiale di Marina, l’ 8 settembre del 1943, si trovò costretto a fare una scelta dolorosa che come tale andrebbe giudicata ed alla pari delle scelte opposte fatte da altri, ricordata e rispettata.
 

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