martedì 10 dicembre 2013

Ascoltiamo i forconi anti-governo

"L'Italia si ferma" non è un golpe, però il pericolo che si scateni la violenza non va sottovalutato: il Paese è in ginocchio

Quanti italiani sanno che oggi starebbe per esplodere la rivoluzione che dovrebbe liberarci da un regime autoritario e criminale che viola la Costituzione e opprime gli italiani? Quanti italiani si riconoscono nel «Coordinamento nazionale di Gruppi e dei Movimenti», tra cui figurano i Forconi Siciliani, il Movimento Autonomo Autotrasportatori, Forza Nuova, Casa Pound, simpatizzanti del M5S, No Tav, militanti anti-Equitalia, No Global, No Euro (ha raccolto il consenso del neo-segretario della Lega Nord, Matteo Salvini), che ha deciso che «l'Italia si ferma» ad oltranza a partire da oggi, perché «ribellarsi è un dovere» contro «il Far-West della globalizzazione che ha sterminato il lavoro degli italiani, contro questo modello di “Europa”, per riprenderci la sovranità popolare e monetaria, per riappropriarci della democrazia, per il rispetto della Costituzione contro un governo di nominati, per difendere la nostra dignità»?
Quanti italiani hanno dato mandato a Danilo Calvani, militante dei «Comitati Riuniti Agricoli» dell'Agro Pontino, a Lucio Chiavegato, presidente dell'Associazione di Liberi imprenditori federalisti europei (Life), a Mariano Ferro, leader del Movimento dei Forconi, di promuovere una nuova Marcia su Roma «se sarà votata la fiducia al governo ed i politici non andranno via»?
Dal canto suo il ministero dell'Interno, per fronteggiare un centinaio di presidi e cortei dal Friuli alla Sicilia, ha predisposto «rigorose misure a tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica» e ha ordinato di procedere «con fermezza nei confronti di soggetti o gruppi intenzionati a porre in essere azioni illegali».
Ma l'assalto al Palazzo del Potere avviene contemporaneamente sia da parte di Grillo, che qualifica Napolitano «presidente incostituzionale» a cui «non resta che sciogliere le Camere e non farsi più vedere in giro» e che esige la rimozione di 150 deputati eletti con il premio di maggioranza condannato dalla Consulta, sia da parte di Berlusconi, che denuncia «quattro colpi di stato» compreso il governo Monti, e chiede un «esecutivo di scopo» allargato al M5S e a Sel per fare la nuova legge elettorale e votare per il Parlamento insieme alle Europee nel maggio 2014.
Non credo che sarà questo contesto a far scatenare la rivoluzione in Italia. Tuttavia, la minaccia dell'esplosione della violenza è da considerare con la massima serietà perché in Italia ci sono tutti i presupposti affinché ciò avvenga. A dispetto di quanto ci propina gran parte dei mezzi di comunicazione di massa, facendoci credere che gli italiani ansimano dal conoscere le quotidiane esternazioni di Renzi o di Grillo, la realtà è semplicemente tragica, connotata dalla moria delle imprese, dal suicidio degli imprenditori, dalla devastazione del sistema produttivo, dallo scardinamento delle famiglie, dall'impoverimento dei cittadini, dalla costrizione dei giovani a emigrare per la difficoltà di accedere a un posto di lavoro in patria, dal suicidio-omicidio demografico, dalla perdita della nostra identità e dalla spoliazione dello Stato nazionale.
Se è del tutto evidente che questo stato di cose è inaccettabile e che è indispensabile il cambiamento, domandiamoci: chi ha veramente interesse, in questa tragica realtà, a dare il colpo di grazia alle traballanti istituzioni dello Stato, senza al contempo proporre un'alternativa concreta, un nuovo modello di sviluppo, di Stato e di società perseguibili e che corrispondano al bene comune? Possiamo escludere che siano gli stessi poteri forti, che stanno condannando a morte le imprese e impoverendo gli italiani, a istigare alla violenza per legittimare una repressione ancor più violenta, affinché possano portare a compimento la loro strategia? Abbiamo già sentito Prodi e Monti spiegarci la positività di un evento traumatico che obblighi gli italiani ad ottemperare alle imposizioni dell'Unione Europea. Ecco perché è arrivato il momento in cui devono assumersi la responsabilità storica di salvare gli italiani e far rinascere l'Italia tutti gli italiani che amano l'Italia, gli imprenditori che producono e creano lavoro, le famiglie che rigenerano la vita e tutelano i figli, i sindaci che hanno a cuore la sorte della loro comunità locale, le forze armate e dell'ordine che antepongono l'interesse nazionale a qualsiasi altra considerazione. Il tempo non è neutrale. Il pericolo dell'esplosione della violenza e dell'anarchia è in agguato. Bisogna intervenire subito. Gli italiani non si accontentano più delle chiacchiere. È ora di agire.
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