lunedì 31 marzo 2014

Intervista da Leon Degrelle







Il rexismo è stato sostanzialmente un movimento di opposizione al governo belga ed ha avuto, pertanto, un ruolo marginale nello scenario politico del paese fino al 1941.
Trae il suo nome dal movimento belga Rex, di forte ispirazione fascista, aristocratica e cattolica, mutuando il suo nome dal sostantivo latino rex, riferito al concetto di regalità anche dal punto di vista religioso (Cristo Re).

Questo movimento di natura anticapitalista quanto anticomunista, metteva in risalto la corruzione della classe politica, tanto che uno dei suoi slogan era: «Contro tutti i partiti, contro tutti i corrotti!».


Léon Degrelle, striscioni in tutta Italia nel 20° anniversario della morte (1994-2014)

 Pubblichiamo  alcuni striscioni .

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


 

Léon Degrelle

 


Data di nascita: 15 giugno 1906.
Data morte: 1 aprile 1994.               "Leon Degrelle l'ultimo cavaliere"


Léon Joseph Marie Ignace Degrelle è stato un politico belga, fondatore del rexismo, movimento nazionalista belga di ispirazione cattolica, per poi indirizzarsi ideologicamente al fascismo.

„Ogni giorno il mondo è più egoista e più brutale. Ci si odia tra uomini, tra classi, tra popoli, perché tutti si accaniscono alla ricerca di beni materiali il cui possesso furtivo rivela il nulla.


„Non si è sulla terra per magiare in orario, dormire a tempo opportuno, vivere cent'anni ed oltre. Tutto questo è vano e sciocco. Una sola cosa conta: avere una vita valida, affinare la propria anima, aver cura di essa in ogni momento, sorvegliarne la debolezza ed esaltarne le tensioni, servire gli altri, spargere attorno a sé felicità ed affetto, offrire il braccio al prossimo per elevarsi tutti aiutandosi l'un l'altro. Compiuti questi doveri a che significato ha morire a trenta o a cento anni, sentir battere al febbre nelle ore in cuoi la bestia umana urla allo stremo delle forze?


 
 

La pornostar cacciata dal partito neonazista: «Ha fatto sesso con un attore nero»

 
Chi di estremismo ferisce, di estremismo perisce. La pornostar Kitty Blair, portavoce del partito tedesco Npd in odore di nazismo, è stata cacciata dall'organizzazione per quello che viene considerato una colpa grave: aver fatto sesso con un uomo di colore. E' successo a Ina Groll, in arte Kitty Blair. Per la quale subito dopo è arrivata un'altra espulsione: quella dall'industria pornografica tedesca, che al contrario non razzisti e neonazi.

La vicenda è di qualche giorno fa e piano piano è montata sui siti e sui social network, divisi tra insulti e solidarietà. La bionda e tatuatissima Ina, 28 anni, ha partecipato a numerose campagne in favore del suo partito, con i leader che pensavano di sfruttare la sua immagine per recuperare elettorato maschile. E la ragazza non si è tirata indietro, partecipando a diverse iniziative del gruppo neonazista e facendosi fotografare con molti di loro.

Sul suo profilo Facebook, inneggia alla cacciata degli stranieri dalla Germania con frasi del tipo: «Vogliamo preservare la Germania come terra di tedeschi, mantenere la nostra identità e la lotta contro l'immigrazione di massa. Fuori gli stranieri criminali e i parassiti sociali». Tutto bene, racconta il Daily Mail, finché uno dei leader dell'Npd non è capitato davanti al suo ultimo film, «Kitty discovers Sperm», dove Ina fa sesso con un attore afroamericano. La scena non è piaciuta e la ragazza è stata immediatamente espulsa dal partito.
«Chi vende il proprio corpo per denaro e disonora la sua razza non ha posto nel nostro gruppo», è uno dei commenti apparso su Facebook. Per Ina è finita l'avventura politica, ma anche la carriera porno.

Quando la storia è diventata di dominio pubblico, infatti, Kitty Blair è stata bandita anche dall'industria tedesca del cinema hard. «Accogliamo attori di tutti i colori di pelle e di tutte le nazionalità, ma non accettiamo i nazisti. Se avessimo saputo delle sue attività politiche, l'avremmo mandata via molto prima», ha detto il portavoce dei produttori porno e capo della società berlinese 'GGG', John Thompson, citato dal giornale britannico.

E un altro noto personaggio dell'ambiente, Axel Schaffrath, ex fidanzato di un'altra pornostar tedesca Gina Wild, ha annunciato: «Ho personalmente consigliato ai produttori di tenerla il più lontana possibile. Nessuno ha bisogno di una persona con una tale perversa visione del mondo. Sicuramente non potrà più girare nessun porno».

Fonte art.
http://www.ilmessaggero.it
  

domenica 30 marzo 2014

In ricordo di Peppe Dimitri.


Possa il tuo spirito venirci in aiuto, grande camerata, grande guerriero.

Giuseppe Dimitri detto Peppe.               ONORE AL CAMERATA.



30 MARZO 2006 .
                                                                                                                          

Quando portare un mazzo di fiori ai Caduti italiani diventa un reato

Ad Alessandria le associazioni Memento e Arcadia accusate di apologia per il loro impegno di tutela dei sacrari militari

I volontari: “La religiosa spiritualità del nostro lavoro difficilmente sarà compresa da chi è estraneo al sacro concetto di Patria”

Art di Cristina Di Giorgi.


Prendersi cura, al posto di chi avrebbe il dovere istituzionale di farlo, di quei luoghi sacri deputati al ricordo e al riposo eterno dei caduti in guerra, è diventato una colpa. Accade così che, in quel della rossa Alessandria, le associazioni Arcadia e Memento (i cui volontari, come si legge nei siti internet e nelle pagine facebook di riferimento, “sono impegnati nella tutela, salvaguardia e manutenzione dei luoghi della memoria patria, riunendosi per attività di pulizia e sistemazione dei siti stessi e organizzando occasionalmente anche cerimonie commemorative”) sono state attaccate dalle locali istituzioni di sinistra. Nell’interpellanza, in cui si definisce “grave atto di offesa alla città” la sola presenza di quei ragazzi, gli autori chiedono che vengano presi provvedimenti contro i componenti di Arcadia e Memento, dato che quel che fanno non è nient’altro che una riproposizione del fascismo.
Tralasciando le prevenute strumentalizzazioni e le inesattezze storiche degli esponenti dell’amministrazione intervenuti nella discussione del documento - che tra l’altro hanno chiesto, con buona pace della libertà d’opinione e dei diritti costituzionalmente garantiti, di interpretare estensivamente il reato di “apologia” a coloro che lascino anche soltanto intendere una certa vicinanza a determinati ideali - vale assolutamente la pena di entrare nel merito dell’attività di Memento e Arcadia.
“Noi non lavoriamo certo per prenderci i ringraziamenti delle amministrazioni comunali cui rendiamo più agevole la manutenzione dei campi militari – scrivono in un comunicato i volontari del gruppo alessandrino – ma non ci aspettavamo certo reazioni tanto indignate. Anche se ci rendiamo perfettamente conto che la religiosa spiritualità del nostro lavoro difficilmente sarà compresa da chi vive con estraneità il sacro concetto di Patria”.
Portare, in rispettoso silenzio, un mazzo di fiori ai Campi militari locali nel giorno della Cerimonia in memoria dei caduti italiani nelle due guerre. Questa la colpa in seguito alla quale i ragazzi sono stati citati come “pericolo pubblico”. Una colpa che, per tutti coloro che considerano un Valore l’appartenenza ad un popolo e alla sua storia, è invece un grandissimo merito. A chi continua ad evocare il “pericolo di parate parafasciste”, va l’ironica risposta dei volontari di Arcadia: “Promettiamo che d’ora in avanti richiederemo permesso formale ogni qual volta vorremo fare due passi per il centro”.

Scienziati da tutto il mondo a Predappio: così rinasce l’ex fabbrica aeronautica del Duce

Modernissime quando furono realizzate, ora le gallerie sotterranee dell’ex fabbrica Caproni di Predappio tornano a essere impianti all’avanguardia: diventeranno un laboratorio per lo studio dei fenomeni di aerodinamica e fluidodinamica, fra i quali quello delle turbolenze degli aerei. È il ”Progetto Ciclope”,

nato dall’iniziativa dell’università di Bologna e di un gruppo internazionale di scienziati, che hanno individuato nella struttura voluta dal Duce un luogo ideale per le proprie ricerche. Le gallerie entreranno in funzione in autunno, ma già il 5 aprile saranno presentate al pubblico con una giornata di apertura straordinaria, che consentirà di conoscere il nuovo allestimento, ma anche di riscoprire questa testimonianza dell’ingegno italiano. I tunnel sotterranei erano parte integrante di quella fabbrica di aerei Caproni che entrò in attività nel 1935 e che, come spiega il sito istituzionale del “Turismo forlivese”, «divenne simbolo della potenza e dell’infallibilità del regime fascista con la costruzione degli aerei trimotori Savoia Marchetti S. M. 81 Pipistrello». Sullo stesso sito si legge anche che «nel dopoguerra lo stabilimento fu adibito ad altre attività», tra le quali «oggi sono state impiantate, tra le prime in Italia, coltivazioni di funghi champignons». Si accenna anche a «progetti di allestimento di un museo aeronautico», ma – benché assai più dignitosa della coltivazione di funghi – anche un destinazione esclusivamente museale non avrebbe reso giustizia a questo complesso. Fra i primi a capire l’importanza del progetto ci fu Angela Ferrini, sorella di Benizzi, il fondatore del negozio Ferlandia, scomparso a ottobre. Le cronache ricordano una Ferrini, all’epoca come oggi consigliera comunale del centrodestra, che fece il diavolo a quattro per portare gli scienziati di Ciclope alle ex Caproni. Era il 2006 e la “pasionaria” di Predappio cercò anche il contatto diretto con l’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, perché aveva compreso che Ciclope poteva essere «un’’opportunità unica per l’Italia, che però le lentezze burocratiche rischiano di vanificare». «Il rischio è che l’’Italia perda un’’occasione storica per realizzare un’’opera importantissima per la ricerca scientifica e l’’economia del Paese. Al “Progetto Ciclope” sono interessate anche altre nazioni, con in testa la Germania, che sarebbe ben felice di scipparci la candidatura», spiegò in un’intervista al Giornale, nella quale si ricordava anche la sua battaglia, storica e insieme quotidiana, contro il tentativo di «demussolinizzazione» della città messo in atto dalle maggioranze di centrosinistra che si sono susseguite in Comune. «Ma non distraiamoci dall’obiettivo centrale», ammoniva comunque la Ferrini. «Grazie al “Progetto Ciclope” avremo la possibilità di intervenire in molti settori della vita comune: dalla riduzione dei consumi alle previsioni atmosferiche, dall’’abbattimento delle emissioni inquinanti all’’aumento della sicurezza in campo aerospaziale», disse, perorando una battaglia che oggi è finalmente vinta.

Fonte art.     http://www.secoloditalia.it 

Venezia: Stefano Guerra prelevato dalla Polizia durante un'intervista - ...



L'organizzatore della manifestazione contro le "fiabe gay" (che è stata vietata dalla Questura) si è presentato dopo mezzogiorno in Piazzale Roma. E' stato portato negli uffici della pubblica sicurezza. All'uscita abbiamo cercato di intervistarlo, ma è stato portato via in diretta dalla Polizia.

Vergogna!
Il sistema reprime, manifestazioni pacifiche sulla libertà di pensiero e in difesa delle Tradizioni..e NON arresta chi mette a ferro e fuoco le città!





 

sabato 29 marzo 2014

ROMANO MUSSOLINI - intervista di Luigi Alberto Pasquali


Latina vuole tornare Littoria: nel 2012 referendum popolare

La cittadina laziale fondata da Mussolini nel 1932 vuole tornare alle origini: "C'entra la storia, non la politica"

Latina vuol tornare Littoria, come nel Ventennio fascista. Non è un nuovo romanzo del Fasciocomunista Antonio Pennacchi ma la proposta di referendum del comitato civico 'Mi chiamo Littoria', che ha presentato l'iniziativa questa mattina alla stampa. L'obiettivo, sottolineano i promotori, è recuperare le radici, l'identità e la memoria storica della città, esigenza ancora molto sentita dalla popolazione. Nessuna tentazione nostalgica, però, anche se a quasi 80 anni dalla fondazione della città, avvenuta nel 1932 per volere del Duce Benito Mussolini il dubbio è lecito: "E' una questione puramente storica - spiega Euro Rossi, il presidente del comitato -, lontana da appartenenze e logiche politiche. Latina (che ha ricevuto l'attuale nome nel 1946, ndr) ha scontato la colpa di essere stata simbolo del regime. Ora vogliamo che siano i cittadini a scegliere quale nome dare alla città, attraverso un referendum consultivo. Se sarà Latina o Littoria poco importa, quello che conta è che la scelta sia frutto di un processo democratico e non di un'imposizione". La raccolta di firme partirà a gennaio.

"Muri in camicia nera": quando i murales erano fascisti

di Marco Petrelli
 


Voi siete l'aurora della vita, voi siete la speranza della Patria Era la fine degli anni Novanta e quella scritta troneggiava ancora nell’atrio del mio liceo. "Che ci fa lì?", chiedeva sorpreso qualcuno. Risposta che in parte arriva con Muri in camicia nera (Ed. Libreria europa, 2012, 18 euro) di Claudio Marsilio, architetto romano che ha svolto un importante lavoro di ricerca e catalogazione dei 'murales neri', testimonianze visive della nostra storia.
Perché Muri in camicia nera?
"Negli anni 30 Starace riportò su muri degli edifici pubblici alcuni significativi motti fascisti, diversi dei quali giunti fino a noi. Ho voluto raccontare la storia di quei 'murales', dalla realizzazione ai recenti tentativi di cancellarli".
Quante 'scritte' ha censito in Italia?"Il grosso del lavoro l'ho svolto in Abruzzo, per motivi che descrivo nell'introduzione. Ho pubblicato più di 400 foto tra scritte, lapidi, monumenti sia del Ventennio che della guerra civile e del referendum del 2 Giugno 1946".
Ne sopravvivono ancora molte?"A Roma la  Lista n° 1 Garibaldi del Municipio XI è stata restaurata e restituita alla collettività. Intervento pubblico che auspico possa essere esteso anche ad altre testimonianze".
Durante la sua ricerca quali sono state quelle che la hanno più colpita?"Mosciano Sant'Angelo: un Mussolini sorridente, con il fez, ritratto su un edificio vicino al palazzo Comunale. Un'immagine meno marziale alla quale la storiografia non chi ha mai abituati. Non a caso l'ho scelta come copertina del volume".
Quale è stata l'accoglienza riservata all'opera?"Finora positiva. Muri in camicia nera racconta un pezzo di storia italiana se vuoi anche singolare: murales che testimoniano un governo durato 20 anni. Una storia a immagini alla quale ho voluto dare un taglio leggero ma professionale e scevro da contaminazioni nostalgiche".

 
 
 

Il duce non passa mai di moda

Essi sono spesso nascosti con le riviste specializzate, ma secondo il responsabile di un'impresa che li stampa, sono molto richiesti.
 
 
Ogni anno in questi giorni nelle edicole italiane vengono esposti i calendari di Benito Mussolini. “Ne vendiamo molti di più rispetto a dieci anni fa”, sostiene Renato Circi della casa editrice Gamma 3000, “non pensavo che questo fenomeno potesse resistere così tanto. E molti ragazzi giovani li comprano.
A quasi sessantotto anni di distanza dalla sua morte, il duce è ancora un’icona per molti italiani. E i gruppi di giovani neofascisti, come il collettivo Casa Pound, sono ancora attivi nel paese.

Il culto del duce è ormai accettato senza problemi anche a livello pubblico. La decisione della giunta di Affile, un piccolo comune di 1.500 abitanti in provincia di Roma, di dedicare un monumento al generale fascista Rodolfo Graziani, usando 127mila euro di fondi pubblici, è stata accolta dall’opinione pubblica con indifferenza.

Sono nato in quell'epoca e mise il pane sulla tavola, ha dichiarato il nonno di  78 anni. "Non posso tradire la mia cultura."

 

euronews cinema - Il corpo del Duce diventa simbolo nel film di Laurenti



Nel documentario "Il Corpo del Duce", il regista Fabrizio Laurenti ripercorre le peripezie subite dalla salma di Mussolini dopo Piazzale Loreto. Un'odissea durata dodici anni che suggerisce come la fascinazione di alcuni italiani per la persona di Mussolini si sia trasformata, dopo la morte del dittatore, in un'ossessione per il suo corpo fisico.
La vicenda del corpo di Mussolini è una delle più inquietanti della storia: ne fa un resoconto drammaticamente intenso  Fabrizio Laurenti nella pellicola ‘Il Corpo del Duce’.
Ma perché le spoglie mortali del capo del Fascismo vengono sepolte nel cimitero di Musocco, in gran segreto? Per mantenere l’ordine pubblico, per non scaldare ulteriormente gli animi dopo le note vicende di piazzale Loreto, da una parte e dall’altra. In realtà il cadavere di Benito Mussolini  è ingombrante: perché fornire a chi lo piange l’occasione di un ‘sacrario’? meglio nasconderlo, renderlo anonimo … è la superficialità di chi non ha pensato che così facendo, invece, probabilmente, il mito sarebbe cresciuto ancora di più.
Una storia lunga e complessa, quella che ‘vive’ il cadavere di Mussolini dopo la morte.Il corpo del Duce’ è un film estremamente  interessante, che ripercorre le vicende del corpo vivo e poi del corpo morto di Benito Mussolini. Laurenti lo fa in maniera rispettosa, con il giusto approccio storico e con la giusta pietas, quella che si deve ai defunti. Le vicende che si susseguono sembrano frutto della fantasia di un buon romanziere, e invece sono vere. Non è questa la sede per rievocarle e di certo non mancherà l’occasione di farlo, qui basti ricordare come le spoglie mortali di Benito Mussolini trovano il giusto riposo nella tomba di famiglia a Predappio soltanto il 31 agosto 1957, dodici anni dopo la sua morte.


 

 

Alessandro Pavolini, fascista e letterato

Uomo di cultura, ma anche di coraggio, è il fondatore dei Littoriali e poi delle Brigate Nere della Repubblica Sociale

Con Mussolini, 'guida, esempio, affetto supremo', rimane fino alla morte e oltre: la sua è una delle diciotto salme sul freddo suolo di Piazzale Loreto

'Le Brigate nere allineano, dai vecchi ai ragazzi, gli uomini di ogni età ... gli uomini che non hanno età, se non quella del proprio spirito ... sono una famiglia, questa famiglia ha un antenato: lo Squadrismo; un blasone: il sacrificio di sangue; una genitrice: l'Idea fascista; una guida, un esempio, una dedizione assoluta e un affetto supremo: Mussolini'. Sono parole pronunciate da Alessandro Pavolini nel  1945, quando manca un passo alla disfatta di un pezzo della storia d'Italia che per ventuno anni aveva retto le sorti della Nazione: il Duce, e la Repubblica Sociale nata dalle ceneri di un'Italia tradita ed infangata al disonore, stavano per cadere. Alessandro Pavolini, fascista, combattente e letterato, uomo di muscoli e di mente, ci crede fino alla fine, senza esitazione alcuna. La sua storia è fatta di cultura e fascismo, amalgamati insieme da una forte, viscerale vocazione e da una fede di ferro, che lo porterà a condividere la sorte di tutti quei fascisti che, all'indomani del tradimento del Re e di Badoglio, avevano voluto credere in un epilogo diverso e maggiormente onorevole per la loro Patria, per la quale per due lunghi decenni avevano lavorato.
La sua adesione al Fascismo risale a quel 28 ottobre del 1922 in cui le camicie nere avevano marciato su Roma, dopo la nomina di Mussolini a Presidente del Consiglio dei Ministri da parte del Re. Alessandro Pavolini ha appena 19 anni ed è un giovane e brillante laureato in giurisprudenza e scienze politiche, ha frequentato gli atenei di Firenze e di Roma. La sua attività politica inizia nel Fascio fiorentino, di cui diventa Vicefederale nel 1927 e poi Federale nel '29. Nel frattempo scrive, e appassionato com'è collabora ad alcune riviste letterarie, pubblica saggi politici, scrive un romanzo dal titolo 'Giro d'Italia' che ottiene un certo successo. Il suo lavoro alla testa del fascio fiorentino dà al movimento politico una connotazione squisitamente culturale ed artistica, promuovendo mostre ed iniziative culturali di vario genere, tra cui il noto 'Maggio musicale fiorentino' di fama internazionale. Ancora, fonda una rivista letteraria che chiama 'Il Bargello' e ne fa l'organo della Federazione Giovanile Fascista, coniugando così con armonia la politica alla cultura, binomio di interesse eccezionale.
Nel 1932 fa parte del Direttorio Nazionale del PNF, nel 1934 è eletto deputato e poi presiede la Confederazione Professionisti ed Artisti: è qui che nascono i famosi 'Littoriali'.
Volontario nella guerra d'Africa insieme a Galeazzo Ciano, con cui nel frattempo ha stretto amicizia, prende parte alle operazioni della 'Disperata' (che darà anche il nome ad un suo romanzo): dall'Africa manda corrispondenze per il Corriere della Sera con cui collabora. Tornato in Patria, nel 1939 è Ministro della Cultura Popolare: la stampa estera e quella nazionale, la propaganda, il cinema, il turismo, il teatro, i servizi amministrativi sono ambiti che vengono organizzati in sette diverse Direzioni Generali, a cui si aggiungono l'EIAR (la futura Rai), la SIAE ed altri enti che fanno parte delle strutture poste sotto la sua vigilanza.
La decisione del Gran Consiglio del 25 luglio '43 di destituire Mussolini lo fa infuriare: lo viene a sapere per caso, imbattendosi nel ministro Benini al bar dell' Excelsior. Benini è appena uscito da casa di Galeazzo Ciano, e fa a Pavolini una relazione dettagliata di com'è andata la notte più lunga del Fascismo. La sua risposta è netta: 'Mitra! Alla macchia!'.
Nel 1943 aderisce alla RSI sin dalla sua fondazione, è segretario del PFR e, nel '44, è fondatore delle Brigate Nere, che Pavolini percepisce proprio come le naturali eredi dello squadrismo, per le quali la parola d'ordine è la fedeltà a Mussolini. E con lui rimane, fino alla fine. Il 28 aprile 1945 viene ucciso dai partigiani sul lungolago di Dongo. Le sue ultime parole sono per la sua Patria, per la quale ha combattuto per tutta la vita:  'Viva l'Italia!'. La sua è una delle diciotto salme che vengono ammucchiate sul freddo suolo di Piazzale Loreto a Milano.
 
 
Art di Emma Moriconi.
 
 

Madonna del fascio .


Madonna del fascio.

                                                                
 

SCONTRI A VENEZIA Zecche rosse contestano



Violenti intellettualmente limitati.


Di fronte a certa faccia tosta si resta imbarazzati: si vuol far passare gli aggrediti per aggressori. Innanzitutto vogliamo sottolineare la cecità politica dei centri sociali: sono essi stessi causa della manifestazione, in quanto l’ennesimo grave atto di violenza politica da loro perpetrato ha fatto in modo che la Questura concedesse l’autorizzazione alla nostra manifestazione. Che di fronte a questi fatti si accusi Forza Nuova di "produrre inaccettabili tensioni e violenze" è ridicolo per chiunque mantenga un pò di onestà intellettuale. Che poi una sfilza di presunti intellettuali e politici pacifisti la sottoscrivano è grottesco. Andiamo con ordine: E' inutile rispondere alla successione di accuse che vengono mosse al nostro movimento, se ve ne fosse una di vera verrebbe esposta regolare denuncia; purtroppo la sinistra resta ancorata alla sua prassi: "calunniate, calunniate qualcosa resterà". Che il divieto di una manifestazione politica pacifica, attuata a norma di legge, venga richiesto per tutelare la democrazia e la pluralità è una contraddizione evidente; si rifiuta il dialogo politico e si ricorre all'intimidazione e all'uso della violenza, legittimata da tutti questi firmatari: a Venezia siamo rimasti ai tempi di "soccorso rosso" (e questo la dice lunga sulla nostra 'classe intellettuale'). E’ patetico e avvilente vedere Venezia ferma agli anni di piombo, leggere tetre dichiarazioni di "antifascismo" o "comunismo", vedere giovani e giovanissimi ancorati a schemi e categorie di un secolo fa, ma d'altronde sono proprio queste battaglie "ideologiche", staccate dal reale, a portare sempre più gente ad avvicinarsi a Forza Nuova: sostituire mamma e papà con genitore 1 e 2 è roba da rieducazione cambogiana. Concludiamo che si voglia utilizzare la violenza, le minacce, l’appoggio della casta politica per ricattare e intimidire le forze di pubblica sicurezza è l’ennesimo segno della debolezza delle nostre istituzioni sempre più incapaci di garantire la legalità ma evidenzia anche come i centri sociali, presunti "rivoluzionari", non siano altro che i figli politici (e a volte pure biologici) di questo sistema, destinati fra qualche anno a succedergli sulle stesse "careghe". L’unica reale opposizione è il nostro movimento.



 Ufficio Stampa Forza Nuova Veneto.

Fonte art. 
                                                               
www.forzanuova.org

 

venerdì 28 marzo 2014

Solidarietà Nazionale a Cerveteri.



 Raccolta e la distribuzione di generi alimentari per gli italiani in difficoltà a Cerveteri. Forza Nuova aiuta concretamente gli italiani in difficoltà economica.
Partecipa anche tu!

 

E adesso vogliono obbligare gli studenti al 'tour partigiano'

 
 
 
Art di Cristina Di Giorgi.
 
A Milano ennesima iniziativa dell'Anpi, l'associazione lautamente foraggiata da soldi pubblici. Il centrodestra insorge: ci sono ben altri problemi da affrontare.

“Strade e volti. La memoria, le radici”. Questo il titolo di un progetto presentato nella commissione cultura del consiglio di Zona 6 a Milano. Firmatari del documento, i responsabili della sezione Anpi, che intendono organizzare visite guidate alle lapidi dei partigiani per gli studenti milanesi. A far loro da guida, partigiani o ex partigiani, che li renderanno edotti sulla guerra di Liberazione.
Un tour, che dovrebbe tenersi nel periodo a ridosso del 25 aprile, ideato perché “ci sono molti ragazzi che non sanno nemmeno per quale motivo in certe strade ci sono delle lapidi” prova a spiegare il responsabile cultura della sezione Anpi Barona. Che aggiunge: “ Fa parte della nostra tradizione e della nostra missione raccontare alle giovani generazioni la Resistenza. Obiettivo del progetto è instaurare un rapporto con le scuole e con le classi che aderiranno. Chiederemo anche di adottare una lapide della zona. Insomma si tratta di un percorso della memoria”.
Una memoria che, per essere realmente condivisa e condivisibile, dovrebbe comprendere tutti gli aspetti di quelle drammatiche pagine della storia, di Milano e non solo. Ma che diventa, in questo caso, oltremodo faziosa. E a senso unico.
“Non si possono obbligare i bambini a fare il tour delle lapidi della zona” dichiara Massimo Girtanner,  consigliere dell'opposizione di centrodestra. “Allora perché non organizzare anche un giro per ricordare i giovani italiani morti in Russia?”. Inoltre, aggiunge polemicamente, “non è possibile che la prima cosa di cui si deve occupare il consiglio di zona siano i progetti sulla Resistenza. Ci sono ben altri problemi da affrontare”

dentro la storia, viaggio a villa carpena 2 parte


dentro la storia, un giorno a villa carpena terza parte


giovedì 27 marzo 2014

Grillo-Renzi:LO STUPRATORE IL BOIA E IL BIMBO MINCHIA Da vedere!



Nel tempo dell’inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario.


VIOLENTANDO CON TASSE E RICATTI..E CHIAMANO NOI STUPRATORI!
Boldrini rifletta e si dimetta..portandosi dietro tutti gli altri..BANCHE COMPRESE CHE NON DOVREBBERO CONTINUARE AD INGRASSARE MA DOVREBBERO...FALLIRE!

Ecco la nostra risposta alla Boldrini
IO MAURO MERLINO LA 'VOCE DEGLI INASCOLTATI' SEGUO MOLTI BLOG..COMPRESO QUELLO DI GRILLO(QUINDI MI SENTO OFFESO e CON DIRITTO A LEI MI RIVOLGO)TENENDO CONTO CHE MAI CONTANO LE OFFESE O LE MINACCE ALLA PERSONA ..E CHE PERO' STRUMENTALIZZARE PER INTERESSI POLITICI.. SCREDITANDO RAGAZZI CHE CREDONO(PIU' O MENO,MA QUESTO NON E' IL PUNTO) ALL'INTERNO DEL PARLAMENTO DI FARE IL BENE DEL PAESE E' DA ME RITENUTO ALTRETTANTO GRAVE..SOPRATTUTTO QUANDO A FARLO E' UN ISTITUZIONE CHE DOVREBBE ESSERE SUPER PARTES.....COSI' FACENDO LEI FA DI TUTTA UN ERBA UN FASCIO.. OFFENDENDO TUTTI!
QUINDI DA IRRIVERENTE QUALE SONO..LE INVIO QUESTA FOTO E LA INVITO A RIFLETTERE SUI SUOI INTERVENTI TELEVISIVI...IL POPOLO ITALIANO E' DAVVERO STANCO..NON ASCOLTARLO E' UN ERRORE....IL NOSTRO PANE QUOTIDIANO E' FATTO DI..RICATTI..BUROCRAZIA..TASSE ..DISOCCUPAZIONE E..SUICIDI.
SE SOLO LEI ALLARGASSE IL RAGGIO VISIVO SI ACCORGEREBBE CHE TANTI "STUPRATORI" COME ME..OGNI GIORNO SI DEDICANO A CHI SOFFRE..CANCELLANDO IL PROPRIO INTERESSE PER IL BENE COMUNE..COSA QUESTA, CHE DOVRESTE FARE VOI.
DATEVI UNA CALMATA E COMINCIATE SERIAMENTE A LAVORARE!
OPPURE ANDATEVENE A CASA..TUTTI..MA TUTTI!

Cordialmente la saluto.

 

Una bomba contro CasaPound Trento. L’associazione: «Metodi mafiosi che non ci intimidiscono»

di Annamaria Gravino.
Fonte art.
http://www.secoloditalia.it



Ha divelto la saracinesca di ferro, distrutto una vetrata e fatto saltare un pezzo di muro la bomba che è stata fatta esplodere nella notte davanti alla sede di CasaPound Italia di Trento, lo “spazio libero Baluardo”. L’attentato è avvenuto intorno alle tre e, grazie anche all’orario, non ha provocato feriti. L’esplosione
è stata sentita da tutti gli abitanti della zona e da una pattuglia della polizia che passava lì vicino e che, quindi, è intervenuta immediatamente. Sul posto sono stati trovati alcuni resti dell’ordigno, che nella deflagrazione sono arrivati fino alla strada. Ora le indagini sono affidate alla Digos e tra le piste c’è quella anarchica. «Non sarà certo una bomba a fermare la nostra attività politica e culturale», ha commentato il responsabile trentino di Cpi, Filippo Castaldini, aggiungendo di aspettarsi «un’assunzione di responsabilità da parte di chi tutela e legittima azioni di questo calibro». Non ci sono «solo gli artefici materiali del gesto, ma anche chi li aizza e fomenta il clima di tensione», ha sottolineato. Quello della notte scorsa non è il primo attacco al Baluardo, inaugurato a novembre, appena quattro mesi fa: nella notte tra il 9 e il 10 febbraio, alla vigilia del Giorno del ricordo delle vittime delle foibe, per il quale Cpi aveva organizzato una fiaccolata, la sede era stata vandalizzata con una scritta a bomboletta, “Nessuno spazio al fascismo”, e sporcata con cumuli di immondizia lasciati davanti alla porta d’ingresso. Soprattutto, la bomba trentina non è la prima esplosa contro CasaPound. Meno di un anno fa, nell’agosto del 2013, un ordigno rudimentale fu fatto esplodere nei pressi della sede di Parma. L’anno prima era stata lanciata una molotov contro la sede bolognese, che poi nel 2013 fu oggetto di un altro attentato incendiario in cui si rischiò la tragedia: all’interno della sede c’erano sei militanti, fra i quali una ragazza incinta. Nel 2011, poi, si registrò un altro episodio molto grave: una bomba carta fu piazzata non davanti a una sede politica, ma sotto la casa in cui un responsabile dell’organizzazione viveva con la propria famiglia, composta anche da fratelli piccoli. E questo solo per citare i casi che hanno avuto maggiore risalto mediatico. CasaPound Trento comunque ribadisce che «il Baluardo non rimarrà chiuso». «Anzi domenica verrà organizzata una cena, a cui ci auguriamo intervengano tutti i cittadini che rifiutano queste logiche mafiose per dimostrare che i metodi intimidatori non ci scalfiscono», ha detto Castaldini. Il movimento ha già iniziato a divulgare l’evento sul web. «Cena Sociale. Prezzi Bomba!», si legge sulla locandina, che come sfondo ha un’immagine di Fantozzi che mangia e fra i commenti frasi come «una risata vi seppellirà» e «risposte intelligenti ai bombaroli più dementi».

Dentro la storia, viaggio nel tempo a villa carpena prima parte


mercoledì 26 marzo 2014

I PROCESSI POLITICI DEL TRIBUNALE DI PORDENONE : DICHIARAZIONE GIURATA DEL PROF. GIAN PIO MATTOGNO

DICHIARAZIONE TESTIMONIALE DEL DOTT. GIAN PIO MATTOGNO AL TRIBUNALE DI PORDENONE, SUI PROCESSI POLITICI IN ITALIA.




Sono e mi chiamo GIAN PIO MATTOGNO ( [1] ) e intendo rispondere rendendo la presente dichiarazione.

Svolgo l’ attività di ricercatore storico e politico e in questa veste conosco da molti anni l’ avvocato Edoardo Longo.

Posso confermare che l’ avvocato Longo, da almeno vent’ anni, ha svolto attività di commentatore di politica giudiziaria su diverse pubblicazioni. Ricordo i giornali Rinascita, Sentinella d’ Italia, Il Popolo d’ Italia, Ciaoeuropa  ed altri. Di quelli pubblicati all’ estero ricordo l’ elvetico Il Courrier du Continent.

Il tema principale degli articoli e studi dell’ avvocato Edoardo Longo è sempre stato quello della critica alla deriva illiberale della magistratura e alla vergogna dei processi politici in Italia, in particolare quelli in danno dell’ area radicale di Destra, che sono ed erano solo attacchi del potere giudiziario nei confronti di persone o gruppi che semplicemente esprimevano idee politiche ed analisi politico – storiografiche in dissonanza con quelle delle centrali del potere politico internazionale. [2]

In particolare, in questa lunga attività pubblicistica, l’ avvocato Longo si è soffermato sul ruolo trasversale della lobby ebraica e delle sue pressioni per l’ apertura di procedimenti penali a carico di chi fosse un critico dello strapotere illiberale della stessa, nonché un critico della politica imperialista dello stato di Israele.

Naturalmente, in quanto avvocato, numerose persone hanno affidato la loro difesa in processi politici di questo genere, all’ avvocato Edoardo Longo.

Ed è proprio in una  di queste circostanze che ho conosciuto personalmente l’ avvocato. Egli si rivolse a me, nel lontano anno 2000, per chiedermi di svolgere incarico di consulente tecnico di parte in un processo politico molto problematico. Si trattava del “ processo Holy war against ZOG” e riguardava la chiusura di un sito che aveva questo nome ed era immesso in rete da un ragazzo di Viterbo. [3]

L’ avvocato Longo necessitava di un esperto che potesse documentare come la religione  ebraico- talmudica avesse realmente quei profili di inumanità , razzismo ed odio religioso che il sito in oggetto le addebitava, e che erano stati considerati delle mere “ invenzioni antisemite” prive di autenticità.

Accettai volentieri l’ incarico e redassi per la difesa del giovane viterbese una consulenza tecnica che poi venne anche pubblicata con il titolo di “ Il Non ebreo nella letteratura rabbinica”. [4]

Ricordo che quel processo, che si tenne in primo grado a Pontedera di Pisa nell’anno 2004, fu un processo molto difficile : infatti l’ ostilità giudiziaria verso il difensore e l’ imputato era palpabile in udienza con un comportamento del giudice che era un continuo ostruzionismo alla difesa, con toni che, mi si consenta dirlo, anche alterati.

Tant’è che, alla fine , il giudice revocò tutte le testimonianze della difesa che erano già state ammesse, e io stesso fui impedito di rispondere alle domande che mi venivano poste dalla difesa, ed infine la mia stessa testimonianza venne interrotta e io non potei deporre. [5]

L’ aula di udienza era presidiata da ingenti forze di polizia e la piazza antistante il tribunale era gremita di poliziotti armati in tenuta anti sommossa.

Durante l’ udienza l’ avvocato Longo venne sempre e sistematicamente interrotto dal giudice quando parlava. Si badi, che l’ avvocato si esprimeva sempre in modo educato, pacato, senza alzare la voce e senza usare toni offensivi. Cosa che non si poteva certo dire del giudice.

Sono a conoscenza che per questa attività di difensore in cause politiche e di commentatore politico molto critico verso le lobbies trasversali e la magistratura, l’ avvocato Longo subì molte minacce di vario tipo. Subì una aggressione giudiziaria infondata che durò anni e anni e si articolò in una marea di processi penali che non avevano spessore, ma avevano l’ obiettivo di “ togliere di mezzo” lo scomodo professionista. [6]

Di alcune delle tante minacce subite  mi ha parlato lui personalmente, di altre ho avuto modo di leggere su internet e sulla stampa.

Ricordo in particolare le minacce di aggressione giudiziaria ritorsiva fattegli pubblicamente da esponenti della Anti Deafamation League ( una organizzazione ebraica che attacca sistematicamente chi è considerato “ nemico “ della lobby ebraica) e so che l’ avvocato Longo subì anche una aggressione nel suo studio legale e un sequestro di persona.

Su internet se me parò molto e conobbi anche diverse persone che me ne parlarono.

Ho letto anche diversi libri che esponevano le traversie passate dall’ avvocato Longo ad opera die consigli di disciplina degli avvocati, organismo molto legati a gruppi di potere politico e che per questa ragione erano stati criticati da Longo in varie  circostanze.

In fede, 20 marzo, 2014.
GIAN PIO MATTOGNO


NOTA REDAZIONALE :


La dichiarazione che leggete è stata resa in occasione di un processo politico all’ avvocato Edoardo Longo[7] che si trascina avanti a quel campionario di bestialità giudiziarie che è il palazzo di giustizia di Pordenone. Il giudice aveva ammesso questa testimonianza ancora nel lontano 2011, ben sapendo su quali punti essa verteva ( ovviamente).

Ma il giorno in cui è dott. Mattogno avrebbe dovuto essere ascoltato ( 24 marzo 2014), il giudice, evidentemente su input di qualcuno dietro le quinte, ha revocato questa testimonianza, come ha he revocato contestualmente tutte le altre testimonianze volte a dimostrare, dati e nomi alla mano, che la magistratura pordenonese ( e non solo ) è adusa aggredire giudiziariamente i dissidenti politici ed è adusa anche vendicarsi degli avvocati che siano troppo scomodi alla magistratura perchè non accettano il linciaggio giudiziario scientifico dei loro assistiti.

In previsione di quanto regolarmente accaduto in barba alla legge e secondo una prassi banditesca tipica del tribunale di Pordenone , l’ avvocato Long che si aspettava la “ furbata” , aveva fatto preparare una dichiarazione giurata scritta, quella che avete letto.

Il giudice, colto di sorpresa, non ha pensato neppure per un istante di rispettare la legge ed il diritto alla difesa e non ha ammesso il verbale agli atti. Dove sarà comunque depositato. Gli piaccia o no.

Di questa condotta, che è la prova evidente e smaccata del metodo totalitario con cui agisce la magistratura italiana. Il giudice sarà chiamato a rispondere.

Per intanto, all’ ultimo dei soggetti a  cui la magistratura non si sente in dovere di render conto delle sue ( male ) azioni : il popolo italiano, attraverso l’ opinione pubblica.
 
Fonte art.  http://edoardolongo.blogspot.it   

Comunicato 25/03/2014 - VENEZIA, DERIVA STALINIANA.



Comunicato 25/03/2014 .
Roberto Fiore (FN)
 
La segreteria regionale di Forza Nuova, preso atto di quanto diramato dal Comitato Provinciale per l'Ordine... e la Sicurezza di Venezia in data 24/03/14, e dai contatti presi oggi con la Questura, dirama quanto segue:

Partiamo da un presupposto: per quanto riguarda i fatti a cui il Comitato fa riferimento nessuna denuncia o altra restrizione o sanzione è stata portata al nostro movimento, segno che nessuna azione al di fuori della legge ci è stata imputata; e questo nonostante le numerose e continue provocazioni, l’ultima addirittura un’aggressione armi alla mano del nostro dirigente provinciale Sebastiano Sartori. Ora lo stato di diritto deve assicurare la salvaguardia ed il rispetto del diritto e delle connesse libertà dell'uomo: la nostra manifestazione in uno stato di diritto andrebbe tutelata e non vietata. Siamo i primi a voler tutelare i commercianti, cittadini e lavoratori ma in un paese civile non si può barattare la libertà e la giustizia per la sicurezza. Restiamo perplessi nel vedere come le autorità si lascino intimorire e minacciare dalla violenza dell’estrema sinistra; chi governa Venezia il diritto o i violenti? Questa è innanzitutto una loro sconfitta, in questa maniera riconoscono che non sono in grado di controllare l’ordine pubblico nella loro città. Ne prendiamo atto.

Sottolineiamo l’ottusità politica dei parlamentari del PD e di tutta l’intellighenzia "sinistra", cosa ben più grave delle minacce dei soliti violenti intellettualmente limitati. Questi signori si facciano un bell'esame di coscienza: sono sempre pronti a piangere diritti per chiunque, a insegnare democrazia e libertà, e poi si stracciano le vesti per impedire una manifestazione di chi non la pensa come loro; la forma mentis tipicamente "staliniana" è difficile da perdere. Sono loro a riesumare e legittimare l’atmosfera da "anni di piombo", sono i primi che nei fatti umiliano libertà e democrazia.

Questa non è nemmeno una vittoria degli "intellettualmente limitati", non essendo in grado di affrontare politicamente il problema devono chiedere l’intervento dei loro "padri". Noi, e lo diciamo con fierezza, non vantiamo amici (ne parenti) fra parlamentari, consiglieri, prefettura, questura. Noi nella casta non abbiamo amici.
Certo che ci chiediamo perchè non dovremmo fare esattamente ciò che fa la sinistra antagonista? Dato che a Venezia viene ascoltato solamente chi ricorre alla violenza e riesce a creare disordine, perché noi dovremmo sottostare a delle limitazioni inique che vengono esercitate a senso unico contro il nostro movimento?

martedì 25 marzo 2014

Gesta Bellica - No pasarán


ANCORA SUL CASO PRIEBKE

…e si scagliarono eroicamente contro una salma
di Filippo Giannini.

siamfatticosi  Periodico politico e culturale degli Uomini Liberi
 



Ho più volte scritto che l’inumana rappresaglia delle Cave Ardeatine (e le altre rappresaglie) sono marcate: NAZI-COMUNISTE. E provo a spiegarmi.
Attenti! Puntate… Mirate… Fuoco…Feuer (tedesco)…Feu (francese)… Fuego (spagnolo)…Vatra (croato)… Eld (svedese)… Požar (polacco)… Φουκω (greco)… Φүҝо (russo)… ecc. ecc. Questo per indicare che i plotoni di esecuzione esistevano ed esistono ancora in ogni parte del mondo. E di cosa era accusato Erich Priebke? Di aver fatto parte di un plotone di esecuzione. Poteva Priebke, quale militare dell’esercito germanico rifiutarsi di far parte del plotone? Certamente! Ma sarebbe stato immediatamente fucilato. A questo punto vorrei rivolgere una domanda sia ai giudici che lo hanno condannato, sia ad uno qualsiasi degli “eroi” che sono insorti contro di lui, anche dopo la sua morte: lei, signor giudice, e voi “eroi”, al suo posto, cosa avreste fattto? A questo punto è indispensabile un chiarimento: non stimo affatto il povero cristo che è costretto a far parte di un plotone di esecuzione, ma non mi si può vietare di stimare Erick Priebke che, anche di fronte ad una palese ingiustizia subita, ha saputo mantenere un fiero atteggiamento di coerenza; per saperne di più si legga il suo testamento spirituale.
Ed ora, solo per capire a che grado di infamia siamo stati precipitati, facciamo un po’ di storia.
È noto e accettato anche dagli eroi, che la rappresaglia compiuta alle Cave Ardeatine fu una conseguenza per l’attentato compiuto dagli eroici partigiani a Via Rasella. Iniziamo con il considerare: chi erano i partigiani?
Per prima cosa una puntualizzazione: contrariamente a come si vuol far credere, Roma non fu mai “città aperta” perché se la proposta venne accettata dal comando germanico, fu rifiutata dagli “angeli del bene”, infatti questi continuarono a volare vomitando bombe sulla “Citta’ Eterna”.
Anche se poco più che bambino ricordo perfettamente che la popolazione romana, come altrove, anche se stanca della guerra non nutriva astio né verso i tedeschi né verso i fascisti. Questo stato di cose non era gradito ai vertici del Cln i quali, dopo aver constatato che gli attentati messi in atto nei mesi precedenti, pur avendo causato morti e feriti fra i soldati italiani e tedeschi, non avevano determinato rappresaglie di massa degne di nota, decisero di predisporre un attentato di così grandi proporzioni da rendere inevitabile una adeguata rappresaglia. A tale scopo fu scelta la data del 23 marzo 1944, e non a caso: infatti quel giorno coincideva con l’anniversario della fondazione dei Fasci di Combattimento.
Pertini, Bauer e Amendola, il vertice, cioé, del Cln, inizialmente fissarono come obiettivo la manifestazione dei fascisti che era in programma; ma questa idea fu scartata perché, giustamente, qualsiasi fosse stato il danno arrecato ai fascisti, questi mai avrebbero risposto con una rappresaglia di grandi dimensioni come era nei desiderata del Cln. La mira fu allora spostata sui tedeschi i quali, proprio per la loro ottusità teutonica, caddero nella diabolica trappola. Quindi, per essere più chiari, si può affermare che alle Cave Ardeatine fu una mano tedesca a premere il grilletto, ma le cartucce furono caricate dalle mani dei vertici del Cln.
Il resto è più o meno noto, ma sono poco noti (ovviamente) gli sforzi fatti da Mussolini e dai piu’ alti vertici del suo governo per dissuadere i tedeschi dall’effettuare la rappresaglia. È pure poco noto che Amendola, dopo l’attentato, si incontrò con De Gasperi dal quale ricevette le congratulazioni per “il grande botto”. Ma c’e’ qualche altra cosa da aggiungere per rendere il fatto (se possibile) ancora più disgustoso: ancora oggi qualcuno accusa Bentivegna, la Capponi e gli altri “eroi” dell’impresa di Via Rasella per non essersi presentati e salvare così la vita ai 330 (335) ostaggi. Non avrebbero potuto (anche se lo avessero voluto) perché, consegnandosi avrebbero vanificato quanto i capi del Cln avevano progettato, cioé ottenere quella grande carneficina sulla quale l’antifascismo faceva grande affidamento.
Quindi tutto rientra nella norma: gli stalinisti, che della politica demoniaca sono maestri, da quel “grande botto” tutt’ora ricavano le loro fortune avendo accanto anche, come complice, quel partito che dovrebbe ispirarsi alla pietà cristiana.
Il notissimo Giorgio Bocca, fascista e antifascista, nel suo Storia dell’Italia partigiana ha scritto, fra l’altro: . Anche il democristiano Benigno Zaccagnini non è da meno di Giorgio Bocca; infatti ha scritto: . O ancora: il giornalista Luciano Moia (“Il Giornale” del 1° settembre 1993) ha osservato che . Risulta difficile non intervenire e far osservare che è facile scrivere “suscitare spirito di rivolta” o che “si suscitava maggiore spirito di rivolta…”, quando gli autori di questi atti di eroismo si nascondevano magari nei conventi, come accadeva, e facevano coinvolgere nelle rappresaglie dei cittadini che erano assolutamente innocenti. E fra questo, osservo, che anche quei militari ai quali era imposto di far parte dei plotoni di esecuzione, erano vittime di quelle sciagurate azioni.
A seguito di queste “azioni di guerra”, il Maresciallo Kesselring, comandante supremo delle forze tedesche in Italia, lanciò, il 1° agosto 1944, un manifesto con il quale avvertiva che qualora quelle “azioni” fossero continuate di aver 1) iniziare nella forma più energica l’azione contro le bande armate di ribelli, contro i sabotatori …
2) costituire una percentuale di ostaggi in quelle località dove risultano esistere bande armate e passare per le armi i detti ostaggi tutte le volte che nelle località stesse si verificassero atti di sabotaggio>.
Kesselring, nel compilare il sopraccitato ultimatum, si riferiva alle Convenzioni Internazionali firmate da quasi tutti i Paesi; tra questi la Germania e l’Italia. Dal volume “Diritto Internazionale” alla voce “Combattenti” fra l’altro si legge: Gli illegittimi combattenti vengono dovunque perseguiti con pene severissime e sono generalmente sottoposti alla pena capitale. Nella guerra terrestre i franchi tiratori che operano nelle retrovie nemiche, infiltrandosi alla spicciolata sotto mentite spoglie, vengono passati per le armi in caso di cattura. Lo stesso dicasi per i “sabotatori”>.
Sempre dal “Diritto Internazionale”, voce “Rappresaglia”: È bene a questo punto ricordare che nel 1983, l’allora Presidente più amato dagli italiani, Sandro Pertini, uno dei responsabili delle cercate rappresaglie, in occasione del trentottesimo anniversario dell’eccidio avvenuto a Pedescala per opera dei tedeschi, sempre a seguito di un attentato compiuto dai partigiani, si recò, dicevamo in quella cittadina per consegnare la consueta medaglia che però venne sdegnosamente rifiutata con la seguente motivazione: .
Per completare quanto scritto ed evidenziare ancora più di quale mostruosità giuridica ci si sia macchiati con la persecuzione a danno di un centenario, vogliamo ricordare che tutti i partecipanti al secondo conflitto mondiale si avvalsero di quanto attestato nelle Convezioni di guerra allora esistenti; solo pochi esempi: gli inglesi nel paragrafo 454 del British Manual of Military Law, oppure gli americani al paragrafo 358 dei Rules of Land Warfire, attestati che prevedevano il diritto di rappresaglia. A Berlino, l’Armata Rossa che la occupava minacciò la fucilazione di ostaggi nel rapporto di 50 a 1. Il testo del comunicato era il seguente: (Testo pubblicato sul quotidiano Verordnugsblatt di Berlinio del 1° luglio 1945). Abbiamo sotto gli occhi un documento che riguarda un manifesto rivolto alla popolazione tedesca della città di Tuttlingen con il quale il 1° maggio 1945 il comando militare francese annunciava: tradotto avvertiva che . In merito il signor Benedetto Anselmi osserva: .
Se facciamo la proporzione fra le minacce di fucilazione di ostaggi fra gli angeli del bene (gli alleati) e i crudeli nazisti, non possiamo non osservare che questi ultimi erano, almeno, più umani.
Se tutto ciò è vero, perché tanto accanimento contro Priebke? La risposta è ovvia: Priebke faceva parte di coloro che avevano perso la guerra…
Per i fatti dello scempio avvenuto il 24 marzo 1944 alle Cave Ardeatine fu intentato un processo a carico di Herbert Kappler (di cui sarebbe semi-comico parlare della sua fuga dall’ospedale Celio di Roma; ma lo spazio stringe e dobbiamo evitare di addentrarci più di tanto), Tenente Colonnello delle SS tedesche e comandante della polizia di sicurezza della città di Roma. A dicembre 1945 il procuratore militare di Roma promuoveva azione penale contro “Kappler e altri”. Fra gli “altri” c’era anche il capitano Erich Priebke. Kappler, stando alla sentenza operò “in concorso con circa cinquanta militari tedeschi a lui inferiori in grado e da lui dipendenti”. Nel leggere la “Sentenza n. 631, del Tribunale Militare Territoriale di Roma, in data 20.07.1948, anche un profano di legge comprende immediatamente che si è voluto colpire e indicare un colpevole, non il VERO COLPEVOLE , cioè chi fu la causa dell’eccidio alle Cave Ardeatine. Nella Prefazione di detta sentenza si legge chiaramente: <(…). Dalle ormai note vicende giudiziarie del Capitano nazista Erich Priebke, implicato nell’eccidio delle Fosse Ardeatine in Roma (…)>. IMPLICATO, come esecutore di un ordine, non il BOIA, come certi eroi lo hanno accusato. Ma la sentenza non può ignorare altri fatti, come ad esempio riconoscere: e: <(…). Deriva che in conseguenza dell’atto illegittimo di Via Rasella, lo Stato occupante aveva il diritto di agire in via di rappresaglia>.
Allora, brevemente. Perché fu condannato Herbert Kappler? Nella confusione del momento a seguito dell’attentato e della ricerca delle vittime sacrificali, furono uccisi 5 ostaggi in più. Leggendo gli atti della sentenza risulta che Kappler fu condannato all’ergastolo per questa dolorosa circostanza: cinque vittime in più furono sacrificate alla falce e martello, ma gli esecutori furono i nazisti, vestiti di stupidità teutonica. Ecco di seguito la parte della sentenza: .
Prima di terminare, ma ci sarebbe tanto da aggiungere, non possiamo non ricordare quanto avvenne nel corso del processo e dopo nel caso del criminale di guerra Erich Priebke. Proviamo a ricordarlo, avvalendoci di quanto ha scritto il signor G.F.S..
L’Italia non ha mai saputo un bel niente di Priebke, fintanto che lo scoop di un giornalista americano non ha rivelato la sua residenza a San Carlos de Bariloche in Argentina. Il governo italiano, da quel momento, ha cominciato a sprecare i soldi dei contribuenti, cedendo alle pressioni e inginocchiandosi davanti ad una nota lobby che impartì l’ordine di chiederne l’estradizione al governo argentino per poi estradarlo in Italia e processarlo, sempre a nostre spese. Un processo dal quale Priebke fu assolto, ma la nota lobby, dopo la lettura della sentenza, sequestrò il tribunale con dentro giudici, magistrati, avvocati e carabinieri. Un atto criminale che se fosse stato eseguito da cittadini non membri di questa lobby, sarebbero stati arrestati e incarcerati. L’allora ministro della Giustizia, un certo Flick, si inventò un ri-arresto di Priebke e alla fine l’agnello fu sacrificato ed ottenne l’ergastolo.
Per quanto riguarda la lobby citata osserviamo che si fa riferimento alla Judenaktion avvenuta a Roma il 16 ottobre 1943, cioè la deportazione degli ebrei romani dal ghetto. Non si dimentichi che questo avvenne grazie alla caduta del Fascismo (sostituito dal cosiddetto Governo del Sud di Badoglio). Mussolini, fintanto che fu al potere, non consegnò mai nessun ebreo ai tedeschi, nonostante le loro insistenze e pressioni. Anzi, gli ebrei provenienti dai territori occupati dalle truppe germaniche venivano a decine di migliaia in Italia o salvati, per ordine di Mussolini, dalle truppe italiane, in un momento in cui in Italia vigevano le leggi razziali. Su questi fatti c’è una esaurientissima documentazione sui nostri volumi Uno schermo protettore e Mussolini, il fascismo e gli ebrei.
Prima di concludere, alcuni particolari non di secondaria importanza. Se il diritto di rappresaglia, come abbiamo visto era consentito nel corso del Secondo conflitto mondiale, oggi pochi sanno – o fanno finta di non sapere – che . Per maggiore chiarezza: quegli eserciti che si avvalsero (certamente disumano) del diritto di rappresaglia, quando questo era consentito dalle Leggi di Guerra, nel dopoguerra vengono perseguiti e condannati. Si vada a vedere quel che è accaduto, o tuttora accade, in Corea, in Vietnam, in Cecenia, in Afghanistan, in Irak da parte degli americani o dei sovietici, senza dimenticare le rappresaglie che quasi giornalmente gli israeliani compiono contro i civili palestinesi, ripetiamo azioni tassativamente proibite dal lontano 1949!
Torniamo per un attimo a quel 23 marzo 1944, cioè all’attentato di Via Rasella. Questo, contrariamente a quanto si vuol far credere, non fu compiuto a danno delle SS, ma contro militari altoatesini, quindi cittadini italiani, i quali prima dell’8 settembre avevano indossato divise italiane con tanto di stellette e dopo quella fausta data vennero incorporati dai tedeschi nella compagnia Bozen. È bene rammentare che a seguito dell’eroica azione non morirono trentatre tedeschi, ma a questi vanno aggiunti altri nove che si spensero nelle quarant’otto ore successive a causa delle ferite riportate. Ma, anche se la storiografia ufficiale non lo ricorda, a seguito dell’eroica azione, perirono anche alcuni civili; i loro nomi vengono ancora oggi celati, di certo possiamo ricordare: Fiammetta Baglioni, di 66 anni, Pasquale Di Marco di 34 anni e il piccolo Piero Zuccheretti di 13 anni che era talmente vicino al luogo dell’esplosione che fu, in pratica, maciullato.
Quando un giornalista chiese agli attentatori perché non si fossero presentati e salvare così la vita a 335 infelici, questi risposero: . Più che giusto, no?
NON DOVEVANO PRESENTARSI, perché se lo avessero fatto addio Cave Ardeatine, addio lacrimuccia versata dal Presidente più amato dagli italiani e dai suoi predecessori e successori, quando senza ritegno alcuno vanno ad offendere con la loro presenza, una volta di più, le vittime da loro volute, che riposano nel Sacrario senza pace e senza Giustizia.
Riteniamo giusto riportare quanto attesta lo storico Pierangelo Maurizio a pag. 98 del suo Via Rasella cinquant’anni di menzogne ( I nomi citati sono gli autori dell’attentato): <(…). Il 23 marzo ’50 alcuni di loro (degli attentatori) furono premiati. Rosario Bentivegna, Franco Calamandrei e Mario Fiorentini con la medaglia d’argento al valor militare, medaglia d’oro per Carla Capponi. Le proposte per i riconoscimenti non erano state avanzate dal ministro della Difesa. Si era trattato di una proposta “politica”, presentata e avallata con un proprio decreto dall’allora presidente del Consiglio dei Ministri, Alcide De Gasperi, lo stesso che poco dopo l’attentato si era incontrato con Giorgio Amendola, mostrando – secondo la ricostruzione dell’esponente comunista – “un ammirato stupore”. Alcuni parenti delle vittime delle Ardeatine trascinarono nel tribunale civile gli attentatori, Rosario Bentivegna, Franco Calamandrei, Carlo Salinari e Carla Capponi, oltre ai membri della giunta militare del Cln: Riccardo Bauer, Sandro Pertini, Giorgio Amendola. Ma i giudici – appunto civili – del tribunale di Roma con sentenza del 26 maggio ’50, un mese e mezzo dopo che De Gasperi aveva decorato i gappisti, stabilirono che si era trattato di “un atto legittimo di guerra” (?), e quindi “né gli esecutori né gli organizzatori possono rispondere civilmente dell’eccidio disposto a titolo di rappresaglia dal comando germanico” (…)>.
Signori lettori: stabilite Voi… Quindi nessuna meraviglia su coloro che saranno gli ispiratori degli eroi che poi si sarebbero scagliati coraggiosamente contro la salma dell’ormai centenario Erich Priebke, fatto avvenuto nel corso del suo funerale a ottobre del 2013.
(In)giustizia è fatta! A Via Rasella è morta la Giustizia ed è seppellita alle Cave Ardeatine!