domenica 9 marzo 2014

La maestrina di Predappio.

 
Rosa Maltoni, madre di Benito Mussolini, che il Duce amò più di ogni altra donna nella sua vita.

È una storia come tante, quella di Rosa Maltoni
Quando conosce Alessandro Mussolini, “Sandrein”, come lo chiamano in paese, è una giovane maestrina. 
Lui fa il fabbro, è con la sua arte e con i suoi attrezzi che plasma il materiale più duro che esiste e lo piega alla sua volontà. Sandrein è socialista, di quelli convinti. 
Va ripetendo “l’Internazionale è il sole dell’avvenire”, è un uomo che piace alla ragazze, e lui non le disdegna di certo. Ha anche una bella voce, di quelle che attraggono, che affascinano. 
E poi è un sovversivo, e questo alle fanciulle piace. Ai loro genitori un po’ meno. È abituato ad avere ragazze intorno, Alessandro, che gli languono dietro. Ma quando in paese arriva Rosa, è lui che comincia a languire. 
Lei non è come le altre: è seria, cortese, educata, cattolica praticante. È il 1877 e la giovane, quando arriva a Dovia da Villafranca di Forlì, prende uno stipendio di 50 lire lorde al mese. Alessandro se ne innamora immediatamente, ma lei lo guarda con diffidenza: trascorre un po’ troppo tempo all’osteria, per i suoi gusti. 
“Una mattina, prima dell’ora di scuola – racconta l’avvocato Francesco Bonavita – Alessandro si trovò su via della Pisaccia a meditare da solo. I bimbi passavano a gruppi, con cartelle al collo, cicalando di giuochi e compiti scolastici. Quando apparve Ida Proli, una vispa bimbetta, le si fece incontro e la carezzò. Mostrami il tuo compito – disse. La piccola, inorgoglita di tanta degnazione, trasse il quaderno … l’interlocutore parve molto interessato  … poich’ebbe finito disse: - sei proprio brava. Corri ora alla scuola e prega la signorina maestra di leggere subito il tuo compito”. Quel giorno Rosa Maltoni lesse il compito dell’allieva Ida Proli; ma non lesse soltanto il compito: nascosta tra le paginette del quaderno, era una lettera: erano il cuore, la promessa, l’avvenire di Alessandro Mussolini, erano i futuri destini d’Italia”.
Rosa non può resistere a lungo, nonostante l’estrema opposizione del padre, che mal tollera un genero sovversivo. Rosa è buona e gentile, ma molto determinata. Tanto determinata che sposerà Sandrein, e lo farà in chiesa. Lui è ateo, ma “un ateo innamorato”, come dice al futuro suocero che ancora non manda giù la scelta – a suo parere sconsiderata – della figlia.
È il 5 marzo 1882 quando nella parrocchia di Predappio si ritrovano tutti gli internazionalisti sovversivi, accorsi per vedere il loro Sandrein che sposa la bella maestrina. Il 30 luglio 1883 al sindaco di Predappio giunge una comunicazione dalla parrocchia di San Cassiano: da Rosa Maltoni e Alessandro Mussolini è nato un bambino di sesso maschile. Si chiama Benito Amilcare Andrea. Benito, come il rivoluzionario messicano Juarez. Amilcare, come il rivoluzionario italiano Cipriani. Andrea, come il socialista Costa.
Siamo nel 1903 quando Benito dalla Svizzera torna in Italia: Rosa è malata e il figlio trascorre le giornate accanto a lei. “Prega – dice la donna che Benito più amerà in tutta la sua vita – per una povera maestra che vuole tornare alla sua scuola”. Verso la fine dell’anno sembra riprendersi, ma all’inizio del 1905 sta di nuovo molto male. È del 6 febbraio la sua ultima lettera al Municipio: chiede “con cortese sollecitudine” libri e quaderni per gli alunni poveri. Il 10 dello stesso mese le viene diagnosticata la meningite. Benito è nel 10° Reggimento Bersaglieri: appena appresa la notizia dell’aggravarsi delle condizioni della madre, si precipita a casa. “Giunsi a vederla viva, ma già agonizzante – racconterà – Mi riconobbe dal fez, che volle stringere più volte. Avrebbe voluto parlarmi, ma la paralisi laringea glielo impediva”.
Rosa Maltoni muore il 19 febbraio 1905. “Per molti giorni fui perduto – racconterà ancora Benito – mi era stato strappato l’unico essere vivente veramente amato e prossimo a me, l’unica anima eternamente congiunta ai miei palpiti”.
 
Di Emma Moriconi.
Fonte art.

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