domenica 2 marzo 2014

La verità scomoda dei crimini della Resistenza


Giampaolo Pansa risponde così ai suoi detrattori: "Dimostrate che racconto balle. Mi avete sempre sparato addosso, ma non avete contestato un accidente di quello che ho scritto.

Verità. E’ questo il concetto al quale si ispira Giampaolo Pansa nella scrittura dei suoi libri. Verità storica basata su ricerche, testimonianze e documentazione. Una verità per alcuni decisamente scomoda, per non dire inaccettabile. Già, perché quando si parla della Resistenza, per i partigiani di tutti i tempi non ci può essere altro modo di farlo che elogiandola ad oltranza. Senza quindi metterne in evidenza, oltre alle cose positive, anche gli aspetti più oscuri e criminali. Ed è proprio questo che ha fatto – e continua a fare – il giornalista e saggista di Casale Monferrato. Con libri che sono un pugno nello stomaco per tutti, ma in particolare per coloro che non vogliono riconoscere che la guerra partigiana fu combattuta non solo da uomini e donne in buona fede, ma anche da feroci assassini.
In Bella ciao. Controstoria della resistenza (Ed. Rizzoli, in uscita il 12 febbraio), lo scrittore svela contraddizioni e retroscena della lotta di liberazione. E lo fa, come suo solito, senza peli sulla lingua. Descrivendo dettagliatamente faide politiche e personali, intrighi, strategie, conflitti interni al movimento e atroci delitti. “Il 25 aprile – si legge su Libero – chi va in piazza a cantare Bella ciao è convinto che tutti i partigiani abbiano combattuto per la libertà dell’Italia. Un’immagine suggestiva, ma non corrispondente alla verità. I comunisti infatti si battevano e morivano per un obiettivo inaccettabile da chi lottava per la democrazia. La guerra contro tedeschi e fascisti era per loro solo il primo tempo di una rivoluzione destinata a fondare una dittatura popolare agli ordini dell’Urss”. Un progetto autoritario da realizzare nonostante tutto e tutti, soffocando con ogni mezzo – anche il più feroce e brutale – chiunque non voleva accettarlo. Alimentando la lotta armata nonostante il rischio di rappresaglie, uccidendo e torturando.
Di fronte a tali eventi c’è l’obbligo morale e intellettuale di fare luce. Di dire la verità, ricostruendo minuziosamente eventi, situazioni e soprattutto responsabilità, facendo nomi e cognomi. Anche a costo di fare la figura del dissacratore e di beccarsi l’epiteto di fascista. Al quale Pansa risponde con un laconico e quasi ironico “me ne frego”, aggiungendo: “dimostrate che racconto delle balle, perché in tutti questi anni mi avete sparato addosso, però non avete contestato un accidente di quello che ho raccontato sull’Italia della guerra civile e su quella che segue il 25 aprile. Parliamone, se abbiamo davvero l’intenzione di uscire fuori dalla spirale perversa delle vulgate e delle verità rivelate”.
Parliamone. Dovrebbe essere semplice, a settant’anni di distanza, ricostruire quanto avvenuto con consapevolezza delle ragioni di tutti “nel segno e nel senso di memorie condivise o quantomeno accettate, spiegando alle nuove generazioni fascismo e antifascismo, Resistenza e Repubblica Sociale”, come sottolinea Mario Bernardi Guardi nel suo articolo su Il Tempo. Ma così non è. Perché di queste cose, in particolare delle zone oscure della lotta di liberazione, non si può ancora parlare. “Verità che fanno male – continua Bernardi Guardi – soprattutto a chi non le vuole ascoltare perché ha in mente un’icona e la lustra ogni volta che può”. Un’icona fatta di aprioristica faziosità, che non ammette alcun tipo di considerazione anche minimamente negativa. E in un tale contesto di becerismo ideologico, figuriamoci se si riesce a parlare di quanto accaduto con oggettività e sereno distacco. Ci hanno provato Simone Cristicchi con Magazzino 18 dedicato alle foibe e Antonello Belluco con il suo film Il segreto (sulla strage partigiana di Codevigo). Ci continua a provare, con i suoi libri, Giampaolo Pansa. Nonostante minacce, critiche più o meno velate ed ostacoli di ogni tipo. A loro va riconosciuta l’onestà intellettuale di chi cerca la verità, unica e sola via attraverso la quale costruire l’Italia di domani.
 
Art di Cristina Di Giorgi.

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