martedì 4 marzo 2014

L’ultimo interrogatorio di Mussolini




Trasportato al Municipio di Dongo, Mussolini fu fatto accomodare all’interno di un immenso salone, in attesa di essere interrogato dal Sindaco della città Giuseppe Rubini. Proponiamo di seguito le parti più salienti dell’interrogatorio. Lo facciamo grazie all’importante testimonianza lasciataci dallo stesso Rubini nelle pagine del suo diario dove in apertura dice:
“Non ho fatto nulla di grande e di eccezionale, ho soltanto rispettato i principi fondamentali del vivere civile, allora sconosciuti dai comunisti che volevano imprimere ad ogni avvertimento un finale di violenze, di crudeltà, che ha fatto vergognare la nostra Patria, la nostra vera storia”.
Sindaco: “Perché vi siete alleati con la Germania?”
Mussolini: “Perché era l’unico Stato europeo che non ci ha oppresso con le sanzioni che fecero 55 Stati del mondo, ci avrebbero fatto morire di fame. Ci aiutò in ogni circostanza e ha salvato il popolo italiano nella sua economia, per il lavoro. La Germania accettò il nostro desiderio circa il Brennero ed eliminò i contrasti di sempre. Riuscimmo così a realizzare e consolidare questi obiettivi per preparare un lungo periodo di pace, di vera pace universale. Non era possibile una collaborazione con l’Inghilterra e la Francia, perché ci avevano sempre traditi sfacciatamente, danneggiati a Versailles perché avevano avversato la realizzazione del Patto a quattro a Stresa. L’alta finanza americana, inglese, francese era dominata dalla finanza ebrea e hanno voluto la guerra, basta sedersi attorno ad un tavolo e rivedere tutti i soprusi antichi e risolvere pacificamente tutti i problemi che ci assillavano da anni e secoli. La Germania fu con noi l’unica comprensiva”.
Sindaco: “Perché siete entrati in guerra contro la Francia e contro la Gran Bretagna?”.
Mussolini: “A quell’epoca le cose erano ad un punto tale per cui era opportuno, dopo che avevamo dichiarata la nostra neutralità, un nostro intervento pensando che ormai la guerra era finita e tutto si dovesse risolvere in poche settimane, massimo un mese. Alla Francia finita, rimaneva solo lo sbarco a Londra. Hitler si oppose, mentre il nostro Stato e il Comando generale erano d’accordo”.
Sindaco: “Perché non vi siete rifiutati dopo l’otto settembre di continuare la guerra!”.
Mussolini: “Perché io volevo che tutto finisse col Campo Imperatore e non tuffarmi nella guerra -pena la distruzione dell’intera Italia- e avrebbe usato anche i gas. Rappresentavo per lui come il seme per far rinascere ciò che si era perso. Se non avessi accettato, avrebbe certamente usato i gas, perché era pronto a vendicarsi per il nostro tradimento. Questi erano i termini del ricatto al quale dovetti personalmente sottostare e lui stesso firmò in fondo: -la guerra o la distruzione-. Solo affiancandomi alla Germania avrei potuto evitare il più gran disonore innanzi al mondo e alla storia dei popoli. Come sa mi sono reso utile all’Italia e al popolo italiano”.
Sindaco: “Lei ha realizzato quella -conciliazione- che molti hanno tentato inutilmente, ma lei la fece non per spirito, ma per la politica”.
Mussolini: “La mia famiglia ed il fascismo fin da principio, fin dall’origine, aveva avuto la fede in Dio Creatore, aveva avuto una morale apostolica romana e non abbiamo mai cancellato dal cuore la nostra fede”.
Sindaco: “Lei ha fatto fucilare degli uomini perché hanno votato contro di lei all’adunata del Gran Consiglio”.
Mussolini: Lei crede veramente che io possa aver ordinato di fucilare i miei amici, perché hanno tentato di liberarmi da ogni responsabilità? Speravo di poterli tutti liberare ricevendo la loro domanda di grazia firmata, ma nessuno mi fece avere quelle domande. In precedenza avevo fatto ogni sforzo per evitare perfino il processo, ma non ci fu nulla da fare”.
Sindaco: “Ma non potevate dimettervi almeno dopo la condanna?”.
Mussolini: “Non fu assolutamente possibile perché sarebbe stato come consegnare tutti i poteri alla Germania e da ciò sarebbe scaturita una sicura guerra civile che avrebbe superato tutte le guerre civili di tutti i tempi. Ho ritenuto mio sacrosanto dovere innanzi al popolo italiano ed ai popoli del mondo assumermi tutte le responsabilità e cercare di salvare il salvabile”.
Sindaco: “Perché avete mandato in Russia i soldati italiani senza adeguati equipaggiamenti?”.
Mussolini: “E’ questa la riprova più eloquente che noi non potevamo far la guerra per molto tempo, fino a spingerci così lontani e con un tale colosso qual’era la Russia, il che dimostra che Hitler così voleva, e che per ogni mia opposizione era sicura la distruzione della nostra Patria. Cosa avrebbero fatto altri partiti in questo stato di cose?”.
Sindaco: “Che dite di Matteotti?”.
Mussolini: “Ho detto e ripetuto e dico che io non avevo nessun motivo di uccidere un socialista come me, un amico. Sapevo che poteva essere la mia rovina. Perché non si domanda alla mamma, alla moglie, ai figli, se potevo essere stato io ad ucciderlo?”.
Sindaco: “Cosa dite di Gramsci?”.
Mussolini: “Dico che ho salvato la sua vita due volte; la prima volta quando lo feci ricoverare al Forlanini, da me fatto costruire, e poi in una clinica privata migliore dell’ospedale e infine, se non lo avessi riportato all’infermeria di Regina Cieli sarebbe stato ucciso da Stalin il quale l’aveva fatto cercare per ucciderlo come fece per Troschi, perché si era permesso di scrivergli una lettera rimproverandolo delle sue carneficine. La lettera esiste ancora e il sottoscritto l’ha letta. Togliatti gli scrive -Regina Cieli ti ha salvato la vita-. Poteva anche dire -il Duce ti ha salvato la vita-“.
A questo punto l’interrogatorio fu bruscamente interrotto da Pietro Longo, che irruppe nel salone facendo consegnare il Duce nelle mani di Pedro, che lo condusse a bordo di un’autovettura in una caserma di Germosino. Immediatamente dopo, Longo si rivolse con arroganza al sindaco:
Longo: “Nel nome del popolo italiano lei deve mandar fuori i suoi prigionieri già condannati a morte mediante fucilazione dietro la schiena come veri traditori. Questo prima che giungano gli americani che certamente non li fucilerebbero”.
Sindaco: “Lei farà fucilare Mussolini e altri prigionieri? Sappia che non c’è stata una condanna reale e lecita non essendoci stato un processo. Io non so chi lei sia, non ha nessun documento, non sa dirmi chi l’abbia chiamato e lei vuole uccidere in piazza? Ma lei è pazzo, se ne vada subito se no la faccio incarcerare immediatamente. Vi è una legge per i prigionieri e non si può far ciò che fanno i comunisti. Vuole uccidere i prigionieri, nostri concittadini, prigionieri che sono intoccabili, sono sacri se non sono condannati dalle autorità costituite! Si vuole uccidere proprio, innanzi ai bambini che lei vede, le donne, il popolo? Io non permetto tutto questo perché ne sarei colpevole come lei se lo permettessi. Questi prigionieri, che sono gente comune, sono stati affidati a me”.
Longo: “Siamo stati noi ad affidarli a voi e noi li riprendiamo per fucilarli, sì in piazza, nella piazza”.
Sindaco: “Io pongo formalmente il ‘veto’ in assoluto, lei vada per la sua strada!”.
Longo: “Io obbedisco a ordini supremi dello Stato italiano che sono i comunisti oggi”.
Sindaco: “Io gli ordini dei suoi superiori non li conosco, non conosco neppure i suoi superiori e non mi interessano affatto. I veri nostri superiori sono gli alleati vincitori che sono alle porte di Milano, e il Re, non ci sono e non ci possono essere altri superiori e altri ordini fuori di questi. Io ho una coscienza e non posso consegnare a lei questi essere umani. Non ha lei questa coscienza umana? Vada e dica ai suoi superiori che vengano qui da me. Abbiamo avuto ordine di aspettare i vincitori per consegnarli sani e salvi i prigionieri. Anzi molti li avete già uccisi”.
Longo: “Non fanno così anche i tedeschi?”.
Sindaco: “Noi siamo italiani, non tedeschi e poi i tedeschi hanno ucciso per rappresaglie provocate da voi, e solo da voi. Non voglio creare sistemi barbari come questi. Il nemico non si è mai ucciso se non sul campo di battaglia. E voi lo fate? Vogliamo essere i primi a farlo?”.
Longo: “Se lei è così sensibile rimanga qui per vedere lo spettacolo”.
Sindaco: “Io condanno tutto questo anche a nome del mio popolo, voi perdete la più bella circostanza per fare onore alla Patria, ma così facendo la umiliate e la rendete vergognosa. Prenda nota e scriva; -io intendo assumermi ogni responsabilità davanti al popolo italiano e dinnanzi a Dio per questi eccidi di poveri prigionieri della Repubblica Sociale Italiana!-
Io mi dimetto e la responsabilità è solo vostra e dei suoi ‘compagni’. Voi sarete condannati da Dio, dalla Patria e dalla storia universale”.
Il sindaco abbandonò il Municipio e si recò a casa sua, si sedette alla scrivania e scrisse:
“Sdegnato per il potere concesso ai partigiani di far piazza pulita del popolo di Dongo, non responsabile dell’eccidio, declinando ogni mia responsabilità a quella del popolo, rimando ogni responsabilità ai partigiani come esecutori e come mandanti. Ognuno si prenda in coscienza la propria responsabilità”.

Fonte art.
http://www.popoloditalia.it 
 

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