venerdì 11 luglio 2014

Le posizioni eretiche di Michele Rallo


Foglio informativo di Liberazione Nazionale
Periodico politico e culturale degli Uomini Liberi fondato nel 2003 da Antonio Rossini

IL CENTENARIO DI ALMIRANTE E LA DESTRA ITALIANA CHE FU

Cento anni fa nasceva Giorgio Almirante. Il grande Capo del Movimento Sociale Italiano, di una Destra sociale e popolare che non c’è più, e della quale l’Italia di oggi avrebbe grande bisogno. Così come, d’altro canto, avrebbe bisogno di una Sinistra sociale e popolare che, del pari, non c’è più. L’una e l’altra annientate, frullate, omogeneizzate nella poltiglia informe di un “pensiero unico” liberista, liberomercatista, globalista, mondialista e… affarista che prende ordini dai poteri forti della mafia finanziaria.
La Destra, dunque. Questa Destra italiana così particolare, così diversa dalle Destre classiche, dalla Destra reazionaria orfana della Restaurazione, dalla
Destra conservatrice di tipo anglosassone, dalla Destra di plastica che ha preso il sopravvento oggi, dalla Destra dei “moderati” che tifano per la NATO e che sono convinti che gli americani abbiano fatto due guerre mondiali per liberarci. Ecco, la Destra di Almirante era agli antipodi di tutto ciò; e lo era perché, storicamente, figlia del Fascismo che era anch’esso lontano mille miglia dal mondo di una certa Destra codina e bigotta: anche quando da “movimento” si era fatto “regime”, ma sempre conservando la sua peculiarità di superamento delle vecchie antinomìe di “destra” e di “sinistra”, come anche conservando la caratteristica di un rifiuto della tutela di interessi economici particolari – fossero essi dei “ricchi” o dei “poveri” – per assumere, o per tentare di assumere, la rappresentanza e la difesa di tutte le classi e di tutte le categorie sociali della nazione, del popolo.
Questo interclassismo fascista era all’origine del nazionalismo e del populismo della “destra nazionale” italiana; così come lo era di altri nazionalismi popolari dell’Europa latina, ma anche dell’America latina (penso in particolare al peronismo argentino). Giorgio Almirante fu l’uomo che seppe interpretare e guidare questa Destra italiana così particolare; e che, al tempo stesso, seppe sganciarla dall’eredità fascista – pur senza nulla rinnegare – ed integrarla pienamente nel tessuto politico democratico dell’Italia postfascista.
Purtroppo, quando questa Destra italiana raggiunse il potere, Giorgio Almirante non c’era più. Il suo posto
era stato occupato da un ex giovane non particolarmente dotato di coerenza, che nel giro di pochi anni avrebbe allegramente deambulato dal “Mussolini più grande statista del secolo” al “fascismo male assoluto”, dalla legge Bossi-Fini sull’immigrazione alla richiesta della cittadinanza italiana per i figli degli immigrati, dal partito unico del centro-destra al “che fai mi cacci”.
Se si fosse mantenuto fedele all’eredità nazionalpopolare del suo predecessore, lo scontroso giovanotto avrebbe avuto un ruolo importantissimo nel contesto politico determinatosi dopo le elezioni del 1994: condizionare “da sinistra” (e spero di non essere frainteso) Silvio Berlusconi, moderarne il liberismo esasperato, vigilare per la tutela di una sovranità nazionale già da allora insidiata dai trattati dell’Unione Europea, difendere lo Stato sociale minacciato dalla macelleria reclamata dai “mercati”, e magari anche consigliare per il meglio il Cavaliere e convincerlo a mantenere più riservati i suoi vegliardi ardori.
E invece no. Gettata cinicamente alle ortiche la singolare specificità della Destra italiana, l’immemore era lesto a trasformare il movimento sociale d’un tempo in uno scolorito partito liberale, appiattendosi su Berlusconi ed anzi scavalcandolo “a destra” (ed anche qui spero di non essere frainteso), facendo professione di liberismo, di adesione ai principi del globalismo economico pro-americano, di fedeltà ad una NATO che non aveva più alcuna ragion d’essere dopo la caduta del muro di Berlino, e naturalmente – previa solenne visita in Israele – di un antifascismo in ritardo di mezzo secolo.
Ovviamente, l’esperimento finiano era rapidamente giustiziato dagli elettori; mentre i colonnelli e i capitani della gloriosa armata almirantiana piantavano in asso l’allampanato generale e si disperdevano in mille rivoli: alcuni (Gasparri, Matteoli, Polverini) vestivano l’uniforme dei “moderati” berlusconiani, altri (Storace, Musumeci) optavano per la difficile coerenza de La Destra, altri ancòra (La Russa, Meloni, Alemanno) sceglievano di non andare né di là né di qua e si inventavano un misterioso Fratelli d’Italia.
In questi giorni, nella ricorrenza del centenario della nascita di Giorgio Almirante, i suoi eredi si sono ritrovati per le celebrazioni di rito (anche in questa nostra provincia, a Custonaci), disuniti come non mai e concordi soltanto nella confermata ostilità verso il liquidatore del loro mondo. Un mondo che era sopravvissuto a mezzo secolo di ostracismi, di persecuzioni palesi o mascherate, di esclusioni da un incostituzionale “arco costituzionale”, e di tante altre piccole e grandi mascalzonate.
Purtroppo, però, a parte qualche sprazzo qua e là, questo mondo non dà segni di ravvedimento. Oltre che diviso e frastagliato, appare sconsolatamente rassegnato ai mali del tempo presente (immigrazione, euro, globalizzazione, fine dello Stato sociale), e non sembra comprendere che basterebbe opporsi con forza a questi mali per ritornare ad essere una grande, una affascinante Destra nazionale e sociale. Quella grande Destra di popolo che era nei sogni del nostro amato Capo, e che noi – i suoi eredi – non siamo stati capaci di realizzare.

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