sabato 2 agosto 2014

Codreanu, il capitano e la Guardia di Ferro



Chi meglio di Corneliu Zelea Codreanu ha  incarnato la lotta  per il suo popolo racchiudento in se un amore incondizionato per la propria terra? Un autentico e raro esempio di uomo libero. Corneliu Zelea Codreanu nasce nel bel mezzo della Moldavia, a Iasi,  il 13 settembre 1899. Già il suo nome è un programma di vita: Codreanu in rumeno significa “uomo della foresta”. Dal padre fin da piccolo Corneliu impara ad amare fortemente la sua patria e a sognare per il suo popolo, per la sua gente, un destino più grande. È giovanissimo quandi il 15 agosto 1916 la sua terra, “la piccola Romania”, si getta nella mischia della I guerra mondiale; per la sua età non può arruolarsi volontario. L’1 settembre 1917, con la segreta speranza di partire per il fronte e dare il suo contributo per la vittoria, Codreanu si iscrive alla Scuola Militare Atttiva di Botosani, esperienza che lascerà un’impronta forte sul suo carattere. “Qui -scriverà- ho imparato a parlare poco. Qui ho imparato ad amare la trincea e a disprezzare il salotto”. Finita la guerra la situazione politica interna della Romania è piuttosto grave: nella vicina Russia, ucciso lo zar, il potere è nelle mani dei bolscevichi ed il nuovo stato sovietico mostra chiaramente la volontà di riappropriarsi dele terre perse durante il conflitto. Con questo rischio incombente Codreanu, un pomeriggio del gennaio 1918, raduna nel bosco di Dobrina una ventina di colleghi liceali e fonda l’associazione “Michele Cogalnicaenu” allo scopo di uscire dall’individualismo e spendere tutte le proprie energie senza risparmio per la causa della libertà della Romania. La situazione rumena nel primo dopoguerra non è diversa da quella di molte altre nazioni europee al termine del primo lacerante conflitto mondiale. Tra i fenomeni sociali emergenti: il reducismo, la delusione per il clima provinciale della politica ufficiale, le reazioni per la riforma agraria del 1919. Proprio in quell’anno Corneliu Zelea si iscrive alla facoltà di Diritto dell’Università di Iasi. In questo periodo viene a conoscenza dell’esistenza di un piccolo e battagliero gruppo politico chiamato la “Guardia della Coscienza Nazionale” guidato da Costantin Pancu. Il raggruppamento, al quale aderisce Codreanu, riscuote un certo interesse tra operai e studenti e raccoglie tra le sue fila anche qualche professionista e sacerdote. “Non potrei definire come sono entrato nella lotta. Forse come un uomo che, camminando per la strada con le preoccupazioni, i bisogni ed i pensieri suoi propri, sorpreso dal fuoco che divora una casa, getta la giacca e balza al soccorso di quelli in preda alle fiamme”. Il 10 febbraio 1920 viene proclamato lo sciopero generale in tutto il paese, ovunque si hanno notizie di scontri e dimostrazioni, la situazione è incandescente. Contro coloro che sostengono l’intervento governativo e militare, Codreanu sostine la necessità di agire di persona e fulmineamente. L’imperativo è stroncare il parassitismo diffuso nel Paese. La roccaforte comunista è nelle officine CPR, nei pressi delle ferrovie di Nicolina a Iasi. Ma attraverso una serie di azioni provocatorie e portando avanti una politica sociale estremamente avanzata sarà Corneliu a raccogliere per tutto l’arco della sua vita l’adesione quasi plebiscitaria delle masse operaie. Con questo spirito nascerà un nuovo raggruppamento “Socialista Nazional-Cristiano”. Nel 1920, per la prima volta nella storia, il Senato Accademico dell’Università di Iasi decide di aprire l’anno accademico senza l’abituale rito religioso. Codreanu con un gruppo di amici insorge, fino a spuntarla. L’Università riaprirà con la tradizionale cerimonia. Tra le battaglie memorabili dei primi anni di attività politica di Corneliu anche quella contro la sciapka, un copricapo russo ostentato dagli studenti di fede comunista e, soprattutto, simbolo di indifferenza e mancanza di amore per la propria terra. Più volte attaccato da Codreanu, il rettore dell’Università di Iasi, il 4 maggio 1921, lo espelle dai corsi e dalle lezioni. Tutti i professori della facoltà di Diritto, alla quale è iscritto Corneliu, insorgono contro questa risoluzione e lo iscrivono agli esami autunnali, tanto forte era la stima per questo studente coraggioso ed audace. La vertenza andrà avanti per molto tempo, terminati gli studi, infatti, non verrà mai rilasciata a Codreanu la laurea in Giurisprudenza. Il 22 maggio 1922 viene fondata l’associazione “Studenti Cristiani”, che incontrerà un grande successo nel paese. Nell’autunno dello stesso anno Codreanu lascia la Romania per trasferirsi a Berlino, dove si iscrive alla facoltà di Economia Politica. Nel dicembre del 1922 a Cluij l’intera popolazione studentesca è in rivolta, presto l’incendio divampa in tutta la Romania, Corneliu intuisce che si tratta di un momento decisivo per il futuro rumeno e ritorna in patria frettolosamente per mettersi a capo del movimento studentesco insieme a Mota, figlio di un sacerdote ortodosso, presidente di un circolo studentesco, con il quale nascerà un’amicizia profonda e perenne. Ben presto i due capiscono la necessità urgente di estendere la stessa lotta studentesca all’intero popolo della Romania. Si avverte il bisogno di fondare un vero e proprio partito per continuare con maggiore incisività e radicamento le tesi partorite dai banchi universitari. “Occorre un nuovo strumento, ma occorrono soprattutto uomini nuovi”, questo il vero assillo di Codreanu. Per questo viene avvicinato il professore Cuza, l’uomo all’epoca più prestigioso in tutto il Paese, che prenderà la presidenza della “Lega di Difesa Nazionale e Cristiana” al cospetto di oltre diecimila cittadini. È il periodo degli scontri più violenti negli atenei, l’Università è al centro della lotta e fornisce il nerbo dei dimostranti. Durante una di queste manifestazioni contro l’esercito, Codreanu viene arrestato per la prima volta e internato nella prigione della Porta Verde. Inizia così la lunga serie di arresti che condurrà il Capitano e i suoi una vera persecuzione politica e ad essere eliminati fisicamente senza lo straccio di un processo. Nonostante la reclusione del Capitano, l’organizzazione del movimento procede a gonfie vele e viene celebrato il congresso per il 22-25 agosto 1923. In quell’occasione la polizia ordina di sbarrare la porta d’accesso della Chiesa dove si sarebbe dovuta tenere la cerimonia religiosa in suffragio degli studenti morti in guerra, quindi, come già avvenuto a Fiume, gli studenti del movimento si inginocchiano all’aperto e, circondati da una folla enorme, pregano in silenzio. Le provocazioni delle autorità procedono senza fine e gli studenti occupano le aule universitarie per tenere le proprie assemblee. Il Congreso si tiene illegalmente, il Capitano, ricercato dalla polizia, riuscirà a dare il suo contributo vestito da meccanico, non riconosciuto nemmeno dai suoi. Poco dopo Codreanu diventa popolarissimo anche tra i contadini, vessati da una situazione agricola nazionale molto precaria per l’eccessiva polverizzazione della proprietà terriera. La base studentesca, racconta in questi giorni Mota, è al limite della sopportazione. Nonostante il favore di Codreanu verso il metodo della non-violenza come arma di lotta, si decide di dare una volta per tutte un esempio “tremendo” della risolutezza della gioventù rumena. Viene insomma composta una lista di sei ministri da eliminare. La sera dell’8 ottobre 1923 mentre i congiurati sono riuniti per stabilire i dettagli dell’operazione, la Polizia irrompe nel luogo e arresta tutto il gruppo. Il delatore è uno degli stessi organizzatori: Vernichescu. Il processo che ne segue ha un epilogo eccezionale: Codreanu, come suo costume, si prende la paternità dell’azione e indica ai giurati le motivazioni ideali del getso. I giudici riconoscono la sola colpevolezza di Mota e i legionari vengono liberati dopo sette mesi di carcere. L’esperienza del carcere è centrale nella vita di Corneliu Zelea Codreanu. Dalla prigione uscirà un uomo completamente cambiato, rinnovato nell’animo. Il ricordo dell’icona dell’Arcangelo Gabriele, davanti alla quale il Capitano si era spesso ritrovato a riflettere e pregare in quei mesi, lo porterà ad assumere l’Arcangelo come protettore futuro del Movimento. Nella nuova fase l’azione di Corneliu ruota intorno al proposito di dare adeguata “educazione” a quella gioventù che crede ciecamente in lui e nella riscossa nazionale. “Prima dobbiamo conoscere e correggere i nostri difetti e poi vedere se abbiamo o no il diritto di occuparci anche di quelli degli altri”. Con questo spirito di formazione interiore l’8 maggio 1924 ad Ungheni viene organizzato il primo campo volontario del mondo. Il lavoro viene però interrotto molto presto dal Prefetto di Polizia Manciu che arresta tutti i presenti. Agli arrestati vengono inflitte vere e proprie sevizie, molti studenti vengono frustati a sangue. Il 25 ottobre il Capitano, che ha assunto le difese di uno studente torturato dal Prefetto, fa il suo ingresso in tribunale e alla prima scomposta reazione di Manciu tira fuori un revolver e lo fredda. Immediatamente arrestato viene internato nella prigione di Galata. La stampa inanime si schiera a suo favore, la popolazione è tutta incondizionatamente per lui; il processo, durato sei giorni, si svolge in un clima trionfale per il Capitano. Il verdetto lo conferma: Codreanu ha agito per legittima difesa ed è portato in trionfo fino a Iasi. Il 14 giugno 1924 il Capitano sposa la bellissima Elena Ilinoiu: la cerimonia, secondo il rito ortodosso, viene filmata. La colonna di invitati che segue la coppia supera i sette chilometri. Mentre Codreanu è in Francia per conseguire il dottorato in Legge, la situazione in Romania si complica. I risultati elettorali sono soddisfacenti, entrano altri nove deputati in Parlamento, ma il professor Cuza non riesce a controllare la situazione sotto il profilo politico-strategico. Il gruppo parlamentare si spacca in due tronconi, per Codreanu la scelta è durissima. La decisione è di dare un taglio netto al passato. Il 24 giugno 1927 convoca per le dieci di sera i suoi amici più fidati, non servono molte parole; tutti già sanno. Il Capitano si alza in piedi : “Oggi, San Giovanni Battista, si costituisce la Legione dell’Arcangelo Michele, sotto la mia guida. Chi verrà con noi deve avere una fede illimitata, resti lontano chi non ne ha a sufficienza o nutre dei dubbi”. La Legione è quanto di più lontano da un partito inteso in senso classico, è un movimento assolutamente originale per la creazione di un nuovo individuo, in rottura con l’uomo economico, pragmatista ed egoista. Cuza, informato da Codreanu della nascita della Legione, comprende la distanza che li separa, apprezza il grande coraggio dei legionari e li scioglie dal giuramento prestato all’atto della costituzione della Lega di Difesa Nazional-Cristiana. In brevissimo tempo la Legione mette in allarme i vari centri del potere, la stampa contraria prima cerca di ignorare il fenomeno, poi incomincia ad ospitare gli articoli vibranti di Codreanu e dei suoi collaboratori. Il Capitano riesce a raggiungere il cuore del contadino come dello studente e dell’operaio con un linguaggio semplice e mai demagogico; le adesioni si moltiplicano. Il 20 giugno del 1930, poco dopo il ritorno nel Paese di Carol II, si costituisce ufficialmente la “Guardia di Ferro” che sarà presto conosciuta con questo nome in tutto l’Occidente. “I centri vitali della nostra esistenza nazionale sono attaccati… Difronte a questo pericoolo, mentre i politici lottano tra loro per banali liti, noi, figli di questa terra, teniamoci per mano e proclamiamo tutti insieme l’unione della gioventù rumena”. Per dare maggiore valore simbolico dell’azione antibolscevica, che in Romania assunse caratteri di grande forza popolare, viene decisa una marcia sulla Bessarabia, un territorio oggetto delle mire espansionistiche della Russia. La stampa reagisce con una politica persecutoria, il governo temporeggia e poi vieta la manifestazione, conoscendo bene le simpatie della popolazione della Bessarabia per Codreanu. Sono in troppi ormai a temere seriamente la Guardia di Ferro: tutti i gruppi politici si coalizzano per stroncare il Movimento Legionario. L’11 gennaio 1931 un decreto ne sancisce lo scioglimento, tutte le sedi vengono perquisite, migliaia di militanti interrogati e molti trattenuti in carcere. L’accusa pretestuosa è di aver intrapreso un’azione violenta contro la forma di Governo stabilita dalla Costituzione; ma mancando qualsiaisi prova concreta (documenti, armi, bombe) si contesta al Capitano di essere un “traditore” e di essersi fatto condizionare da modelli stranieri. Corneliu, come suo costume, smonterà una ad una tutte le accuse, i giudici sono costretti ad assolverlo, dopo che il Capitano ha comunque passato quasi due mesi in carcere come detenuto comune. Il governo nazional contadino cade e si indicono nuove elezioni. Il Capitano decide di candidarsi al Parlamento rumeno con la lista chiamata “Partito di Corneliu Codreanu”. Sarà eletto deputato il 31 agosto 1931 con 11.176 voti. Il primo discorso di Corneliu in Parlamento resterà famoso per il suo rigore: richiesta immediata della pena di morte per tutti coloro che si sono appropriati con la frode del denaro dello Stato. Prima delle successive elezioni il nuovo governo scioglierà nuovamente la “Guardia di Ferro”. Dalle urne però il Movimento vedrà più che raddoppiati i consensi. Codreanu e i suoi riescono a penetrare nelle roccaforti delle province orientali ed a stabilire nuovi centri di diffusione tra le masse contadine. “Noi e gli uomini di buon senso non abbiamo paura né del comunismo, né del bolscevismo. C’è una cosa che ci fa paura: è che gli operai di queste fabbriche non hanno a sufficienza da mangiare”. Per Codreanu e i suoi compagni di partito il potere parlamentare è soltanto un “mezzo” per saziare la fame di giustizia sociale del Paese. Corneliu provvede a devolvere buona parte dell’indennità parlamentare alle casse della Legione, trattenendo per sé solo l’indispensabile. Nell’estate del 1933 la Legione dà una grande prova di amore e di stile nell’affrontare le emergenze della nazione. Ciclicamente a Visani, il fiume Buzau, ingrossatosi per le piogge continue, straripa con conseguenze disastrose. Ogni volta lo stesso copione: il governo assicura il proprio interessamento, testimonia tutta la solidarietà e non fa nulla di serio. Il Capitano decide di sostituirsi alle carenze dei politici e di costruire sul fiume una gigantesca diga, lunga due chilometri, capace di imbrigliare il fiume. Il 10 luglio tutto è pronto, si tratta di un campo volontario di lavoro: l’entusiasmo è alle stelle. Ancora una volta il governo è contrario, gli ordini sono tassativi: la Polizia deve intervenire, molti studenti resteranno feriti gravemente. I Legionari in questa occasione attuano una “resistenza passiva”: si sdraiano nel fango alto due palmi cantando “Dio è con noi”. Il clima è ormai di vero e proprio terrorismo politico: ai legionari diventa difficile perfino trovare una tipografia che possa stampare le loro pubblicazioni che di fatto vengono censurate. Codreanu ha in mente un’altra grande iniziativa: la costruzione della “Casa Verde”, quartier generale del Movimento. Il problema annoso della mancanza di fondi viene risolto: circa cento militanti lavorano per tre mesi come operai in una fornace, richiedendo come unico compenso quotidiano un certo quantitativo di tegole e mattoni. In breve tempo la costruzione-simbolo è ultimata; qui si tengono le riunioni più importanti, qui un giorno riposeranno i martiri della Legione. In tutta la Romania strade, ponti, chiese ed opere pubbliche testimoniano la valida concretezza della “mistica del lavoro” della Guardia. Alla vigilia delle elezioni del dicembre 1933 però, il leader del partito liberale, Duca, intervistato a Parigi, dichiara che la Guardia è uno sporco esercito di mercenari al soldo di Hitler. Malgrado l’intervista fece il giro del mondo, la Guardia proseguì nel suo progetto anche grazie al successo di “Libertà”, la rivista curata da Mota. Ma la repressione nei confronti del Movimento Legionario assume un’accellerazione fatale. Durante la campagna elettorale uno studente viene ucciso alle spalle da un ufficiale di polizia a Costanza, mentre affigge un manifesto. Il governo sente perdere il terreno sotto i piedi ed il Consiglio dei Ministri decreta per la terza volta lo scioglimento della Guardia di Ferro. Segue una folle ondata di arresti: 18.000 persone, tra le quali lo stato maggiore della Guardia. Il bilancio è atroce: 300 ammalati nelle prigioni, 16 morti e 3 tumulati vivi sottoterra. A questo punto tre legionari fatti torturare dal capo del partito liberale decidono che Duca deve morire. Il 30 dicembre il leader viene ucciso e subito dopo i tre si consegnano spontaneamente alle autorità, dichiarandosi pronti a scontare tutte le conseguenze della loro azione. Ma l’uccisione rinvigorisce la campagna contro la Legione che porta ad un nuovo processo. Ancora una volta Codreanu e altri 50 legionari sono assolti tra il tripudio del popolo. Una morte terribile li attenderà il 30 novembre 1938. Il successore di Duca come Primo Ministro, Tatarescu, sebbene uomo energico, si mostra più comprensivo verso il Movimento Legionario, avendo capito che la strada delle persecuzioni spietate porta l’opinione pubblica, ormai conquistata dal coraggio dei ragazzi del Capitano, a ribaltare la situazione. Viene quindi ricostituita la Guardia su basi legali e nasce il partito “Tutto per la Patria” riconosciuto il 20 marzo 1935. I nemici storici di Codreanu, frattanto, approfittando dell’invidia di un deputato della Guardia nei confronti del Capitano, si accordano con lui per fare fuori il capo della Legione. L’autore dei due tentativi falliti di uccisione di Codreanu è Stelescu. Prima si serve di un allievo delle scuole normali che, appostato dietro una finestra, avrebbe dovuto sparare contro Corneliu, poi (in caso di insuccesso) aveva previsto un piano per avvelenarlo con il cianuro di potassio. Secondo le leggi legionarie Mihai Stelescu sarebbe dovuto essere giudicato dai suoi compagni ed espulso dal Movimento, mentre se si fosse pentito avrebbe potuto far ritorno nella famiglia della Guardia come un figliol prodigo. Invece costui, accecato dall’ambizione, continua a condurre una campagna scandalistica contro la Legione. Fonda così “La Crociata del Rumenismo” con il chiaro scopo di far concorrenza a Codreanu e lancia sulla stampa accuse gravissime e infondate a Corneliu, ma nessuno degli appartenenti all’ex Guardia di Ferro si lascia ingannare. Per l’etica legionaria la colpa più grave e ignobile è quella del tradimento dei propri fratelli di lotta o amici. Gli ambienti estremisti della Guardia decidono quindi la morte del traditore. Il 16 luglio 1936 infatti il gruppo dei “Decenviri” raggiunge Stelescu in ospedale e lo uccide. Si tratta dell’unico esempio di tradimento in seno alla Legione dalla sua fondazione. Nonostante questo episodio la fama di Codreanu varca i confini della Romania e si diffonde in Europa. In una lettera indirizzata al re alla fine del 1936 il Capitano si fa interprete del ribaltamento della politica rumena e di un avvicinamento alle altre nazioni dalle rivoluzioni nazionali. Moltissimi in Italia parlano in termini entusiasti dell’esperimento legionario rumeno. È giunta l’ora per i capi legionari: Codreanu, Mota, Marin e Sima, decidono di fare il grande salto di qualità. Percorrono la propria terra in lungo e in largo per scuotere la gioventù e rompere col vecchio mondo. La Legione comprende chiaramente che le scelte di civiltà si fanno su scala europea. Sono circa 10.000 i legionari che vogliono arruolarsi volontari nell’armata di Franco in Spagna, tra questi Ion Mota, braccio destro di Codreanu, e Vasile Marin, uno dei più grandi avvocati di Bucarest, troveranno la morte arma in pugno il 13 gennaio 1937. Nella capitale rumena una cerimonia grandiosa attende i due legionari caduti: oltre 300.000 persone fanno da ala al corteo funebre. Il Capitano, in ricordo dei due indimenticabili legionari, decide di creare il corpo scelto “Mota-Marin”. Sul fronte elettorale la situazione con il partito “Tutto per la Patria” è ormai matura; la campagna elettorale incandescente viene affrontata con grande dignità e coerenza. “Non dite -racconta Codreanu- votate per noi perché gli altri sono cattivi, ma date a noi il vostro voto per quello che abbiamo fatto di buono. Andate fra la gente con allegria, parlate solo di cose costruttive… comunicate gioia e luce”. I risultati del dicembre 1937 sono clamorosi: la lista del Capitano porta alla Camera ben 66 deputati e supera del 6,43% il partito Nazional-Cristiano. A formare il governo però viene chiamato questo partito, di Cuza e Giova. La manovra del re è perfida: il ministro Goga, facilmente manovrabile dall’alto, deve erodere le posizioni del Movimento di Corneliu Zelea Codreanu, ma la popolarità del Capitano continua invece ad aumentare. Il governo Goga fallisce completamente il suo obiettivo e torna il Terrore. L’11 febbraio 1938 con un colpo di stato, il re Carol sospende la Costituzione, scioglie i partiti ed instaura una vera e propria dittatura personale. Il colpo di stato, covato dal sovrano per oltre dieci anni, è la chiara testimonianza dell’ultima chance di un mondo ormai completamente alla deriva. Viene creato un partito unico “Il Fronte della Rinascita Nazionale”, al dicastero degli interni viene chiamato Calinescu, che ha dato numerose prove di avversione alla Guardia di Ferro. Le reazioni di Codreanu sono estremamente caute e responsabili, una mossa falsa avrebbe compromesso la vita di tanti legionari. Il 21 febbraio 1938 Corneliu convoca i giornalisti ed inaspettatamente dichiara la volontà di chiudere il partito. “Noi, manifestando la nostra fede, abbiamo inteso agire in conformità con la legge, non vogliamo usare la forza. Siamo lontanissimi dall’idea di colpi di Stato”. I pieni poteri a Calinescu significano inequivocabilmente una nuova ondata repressiva. Il pretesto per incriminare Codreanu è fornito da una lettera inviata allo scrittore e uomo politico Iorga, nella quale il Capitano rimproverava al grande nazionalista rumeno di aver tradito le aspettative della gioventù. La Magistratura, informata della lettera da un articolo dello stesso Iorga, condanna Corneliu a sei mesi di carcere per oltraggio. Contemporaneamente Calinescu ordina che tutti i Legionari siano internati in campi di concentramento. Il Capitano, che potrebbe rifugiarsi all’estero, non se la sente di lasciare i compagni e la sua terra consapevole della imminente fine. I rapporti difficili tra il Capitano ed il generale e poi maresciallo Ion Antonescu fanno comprendere a pieno la drammaticità della parabola finale della Guardia di Ferro. Fin dal ’24 Antonescu, simbolo del perfetto soldato rumeno, nonostante una indubbia stima personale per Codreanu gli aveva riservato giudizi molto pesanti e dopo il colpo di stato del 1937 aveva ottenuto il tanto ambito Ministero della Difesa. Con questa carica Antonescu si dimostra intransigente assertore dell’ordine pubblico, applicando limitazioni severissime ai manifestanti. Dopo l’affare però Iorga si oppone duramente all’arresto di Codreanu. Senza Antonescu alla Difesa viene ricostituito il governo del Patriarca e la fine per il Capitano è alle porte. Corneliu Zelea, in venti anni di fervida attività politica, ha subìto numerosi processi terminati tutti con assoluzioni piene eppure tutto ciò viene dimenticato. Si rispolverano vecchie e ridicole accuse, si riaprono processi di anni prima, si inventa una lettera ad Hiltler mai scritta… Per dieci lunghe ore il Capitano si difende strenuamente, testimoniando la sua totale innocenza ed estraneità ai fatti che gli vengono contestati. La stampa si vede censurate le cronache del processo, anche se l’opinione pubblica è tutta ancora con il fondatore del Movimento Legionario; il collegio dei giudici, formato da Galinescu, lo condanna a dieci anni di carcere. Il calvario del Capitano inizia il 17 aprile 1938; durante i giorni di prigionia Codreanu tiene un diario, che sarà pubblicato dopo la sua morte, che ci offre la fotografia reale della sua immensa forza interiore e grandezza d’animo. “Fede e Amore, non le ho perdute, ma sento che a un tratto si è disseccato il filo della speranza. Sono 60 giorni che dormo vestito sul tavolato e su questa stuoia, 60 giorni e 60 notti che le mie ossa succhiano, come una carta assorbente, l’umidità che trasuda dalle pareti e dal pavimento”. Anche in queste condizioni il Capitano fa paura. Governo e Sovrano sanno bene che la “gente” guarda ancora e sempre a lui come l’unico uomo capace di risolvere i problemi secolari della Romania. Per ordine di Calinescu e col pretesto di un inesistente tentativo di fuga, Corneliu Zelea Codreanu, il 30 novembre 1938, viene fatto strangolare insieme a tredici legionari durante un trasferimento da un carcere ad un altro. L’annuncio ufficiale della morte dato dal Comando della Seconda Divisione Militare, al quale nessuno crede, afferma che durante il trasferimento ad una trentina di chilometri da Jilava il convoglio si ferma per un guasto al motore, i prigionieri approfittano di questo “strano incidente” per cercare di evadere e i gendarmi si vedono costretti ad aprire il fuoco. Più tardi il Maggiore Dinulescu, che diresse l’assassinio per ventimila lei, e l’autista confessarono la tremenda verità. Ecco qui le sei leggi fondamentali del CUIB:
“1) La legge della disciplina: sii legionario disciplinato, perchè solo in questo modo sarai vittorioso. Segui il tuo capo nella buona e nella cattiva sorte.
2).La legge del lavoro: lavora. Lavora ogni giorno. Lavora con amore. Ricompensa del lavoro ti sia non il guadagno, ma la soddisfazione di aver posto un mattone per la gloria della Legione e per il fiorire della Romania.
3) La legge del silenzio: parla poco. Parla quando occorre. Di’ quanto occorre. La tua oratoria è l’oratoria dell’azione. Tu opera, lascia che siano gli altri a parlare.
4) La legge dell’educazione: devi diventare un altro. Un eroe. La tua scuola, compila tutta nel Cuib. Conosci bene la Legione.
5) La legge dell’aiuto reciproco: aiuta il tuo fratello a cui è successa una disgrazia. Non abbandonarlo.
6) La legge dell’onore: percorri soltanto le vie indicate dall’onore. Lotta e non essere mai vile. Lascia agli altri le vie dell’infamia : Piuttosto che vincere per mezzo di un’infamia, meglio cadere lottando sulla strada dell’onore” (“Il Capo di Cuib”).
 
 
Articolo a cura di Livio Basilico dell’Associazione Culturale Zenit
 
 

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