sabato 30 gennaio 2016

Il saluto romano non è reato.

 
IL SALUTO FASCISTA È...PRESENTE! - ASSOLTI I 'NOSTALGICI' DI FORZA NUOVA E CASAPOUND CHE AVEVANO RICORDATO COL BRACCIO DRITTO LA MORTE DI TRE VITTIME DEGLI ANNI DI PIOMBO - LI HA DIFESI LA RUSSA: "LA LEGGE SCELBA SULL'APOLOGIA DEL FASCISMO ANDREBBE ABOLITA"

Alzare il braccio e gridare "presente" non costituisce, automaticamente, un rito "fascista". La Russa: "E' come i soldati alzano il braccio durante la cerimonia del giuramento. E' un saluto militare, non fascista. Stavano solo rendendo onore a un ragazzo morto"...
Il saluto romano non è reato, almeno non sempre. Lo ha stabilito ieri, con una sentenza storica, il gup di Milano Donatella Banci Buonamici che ha assolto «perché il fatto non sussiste» dieci persone indagate per una commemorazione, nell’aprile del 2014, in ricordo di Sergio Ramelli, Enrico Pedovi e Carlo Borsani.
Fra gli indagati c’erano l’ex consigliere provinciale di Fratelli d’Italia Roberta Capotosti, il cantante Federico "Skoll" Goglio ed alcuni militanti di Forza Nuova e Casa Pound che avevano commemorato le tre vittime degli anni di piombo (Ramelli e Pedenovi, Borsani fu ucciso nel 1945 dai partigiani, cieco e a guerra finita) col braccio alzato e al grido «presente».
Una scelta che, secondo il pm Piero Basilione, avrebbe violato la legge Scelba del 1952 che vieta di il saluto romano in pubblico. Tesi contraddetta dal giudice per l’udienza preliminare che, appunto, ha prosciolto tutti gli imputati - inclusi Marco Clemente e Matteo Ardolino che avevano chiesto il rito abbreviato - evitando addirittura di aprire il processo vero e proprio.
Visibilmente soddisfatto della sentenza l’ex ministro della Difesa e oggi deputato Ignazio La Russa (FdI) che, da avvocato, ha assistito la Capotosti. «Sono molto contento - ha commentato -: sentenze di non luogo a procedere come queste confermano la mia fiducia nella magistratura. Dal punto di vista giuridico la sentenza è coraggiosa e dà ragione alle nostre tesi: un rito del presente in ricordo di un ragazzo morto non può essere meccanicamente assimilato a un gesto di propaganda del passato.
Tanto più che nel caso specifico a compierlo sono state persone di estrazione politica diversa da Fratelli d’Italia a Forza Nuova, da Casapound fino a Forza Italia». In altre parole alzare il braccio e gridare «presente» non costituisce, automaticamente, un rito "fascista". Per dimostrarlo La Russa ha prodotto, tra le prove, una foto di Papa Francesco in visita al sacrario ai caduti della Prima Guerra mondiale a Redipuglia (Gorizia) su cui campeggia la scritta «presente» a ogni gradone.
Motto tutt’altro che fascista, bensì di origine militare: «Roberta Capotosti - ha precisato La Russa - ha sollevato il braccio in sintonia con la parola presente nella stessa maniera con cui viene alzato dai militari durante la cerimonia del giuramento, che mai nessuno ha ipotizzato come apologia del fascismo».La scelta dei giudici - secondo La Russa - sana una ferita profonda, che va avanti dagli anni '70 e, per certi aspetti, dal '45. «Tutto è cominciato un giorno di quarant’anni fa (Ramelli è morto il 29 aprile 1975 ndr) quando ci vietarono il corteo funebre per Sergio e non trovammo neppure una chiesa disposta ad accoglierlo, mentre i "compagnucci" ci fotografavano dai balconi.
Lo stesso giorno di un anno dopo (il 29 aprile 1976 ndr) uccisero Pedenovi. Col tempo si è cercato di accreditare Ramelli come un anti-eroe, un estremista di destra, invece che come un ragazzo ucciso senza colpe: nessuno in quegli anni è morto più innocente di lui. La legge Scelba andrebbe abolita, ma è già una grande soddisfazione il fatto che venga interpretata a seconda dei casi, evitando di punire chi si limita a rendere omaggio a un ragazzo morto».
 
il saluto romano di mussolini.
 
 
 
 
 

ITALIA : SEGNALE DI CAPITOLAZIONE , SEGNALE DI SOTTOMISSIONE


ART. Camerata Marco Affatigato.


QUEI BURQA IN LEGNO CHE CI COPRONO DI RIDICOLO INNANZI AL MONDO

Noi, i disdicevoli , i pornografi, gli immorali…noi , gli Occidentali …facciamo atto di contrizione.
Ancora una volta innanzi agli “altri” l’Italia svanisce, si annulla.
Fate attenzione odalische romane, ninfee partenopee, grazie milanesi, deesse sicule e voi tutte figlie italiche di Venere …l’Italia si vergogna di voi. L’Italia , coi suoi grandi artisti inventori della rappresentazione femminile e di guerrieri incarnata in tutte le sue opere, oggi paga la sua spudoratezza passata. I tratti e le attraenze femminili gli appaiono improvvisamente come un attentatoal pudore. Botticelli e gli altri convocati per coprire le loro depravazioni.
Noi, tutti, i pornografi dell’arte , gli immoralil…noi Occidentali , facciamo atto di contrizione : il presidente iraniano viene a Roma ! Rinchiudiamo le statue femminili in burqa di legno , simili a casse da morto. Abbiamo vergogna di ciò che fummo e di ciò che abbiamo dato al Mondo.
Una leggenda dice che il re di Persia come regalo aveva offerto della terra ad un emissario mulmano. Della terra del suo regno, mettendola in un sacco. Il sovrano persiano credeva così di umiliare il rappresentante musulmano dandogli simbolicamente della terra di Zoroastro. Ma così facendo , credendosi spiritoso, il Re invece consegnava il suo Paese ai musulmani.
In Iran , paese iconoclasto, lo studente che disegna un nudo finisce in prigione (insieme al modello/a se c’è ) E ci finisce per molto tempo. Il governo Renzi , morificando la cultura italiana, ha dato credito ad una tale assurdità e creditando , implicitamente, anchi gli atti di stupro e le aggressioni sessuali che hanno avuto luogo a Colonia e non solo. In poche parole : abbiamo sputato in faccia alla nostra cultura millenaria. Ciao libertà ! Ci siamo “sottomessi”. Domani dovremo fare attenzione a come taglieremo i pomodori (che non si formi una croce al suo interno e diventi visibile , così lo vieteremo com’è già vietato in Tunisia) e Barilla od altre fabbriche di pasta non produrranno più paste a forme falliche o piriformi, disturberebbero “l’altro”. “l’altro”. Ancora una volta (e questa volta non è un Sindaco o un Preside di scuola ma il Governo d’Italia) , ancora una volta di più l’Italia svanisce, si annulla davanti « all’altro ».
Via le sanzioni economiche, accordo sul nucleare civile (e militare) , dialogo. Il ritorno dell’Iran sulla scena internazionale non può essere che un segno favorevole, un passo avanti verso la multipolarità, dove tutte le grandi potenze avranno la loro parola da dire aspirando all’equilibrio planetario.
Ma in un “mondo multipolare” che dovrà contare senza un Italia forte e fiera di se stessa, come quest’ultimo atto che l’ha coperta di ridicolo innanzi al Mondo rinunciando alla propria Cultura millenaria per non urtare la sensibilità e il pudore del presidente della Repubblica islamica d’Iran , M. Hassan Rohani. Così il “governo italiano” si è sottomesso prendendo la decisione di “nascondere le bellezze” delle statue antiche delle dee e dei guerrieri nudi . Dei burqa di legno costruiti appositamente. Dhimmitude auto-imposta. Umiliati in casa nostra e umiliati da chi governa il Paese. Fra l’altro una sottomissione auto-inflitta poiché il leader sciita non ne aveva neanche fatto richiesta. La prova : la sua visita in Vaticano senza che le “opere” siano state lenzuolate, né il Cristo nascosto o tolto. Una volta di più l’Italia davanti « all’altro » svanisce, si annulla. Come se essere se stessi non fosse un preambolo indispensabile alla conoscenza « dell’altro ». Come se per celebrare la differenza sia necessario alienare la propria eredità culturale, di sacrificare la propria Storia. Quando è invece esattamente il contrario che è vero. Ma alla dhimmitudine volontaria non c’è fine , come alla stupidità.
Così con l’Italia hanno capitolato gli italiani ! E, purtroppo, per “resistere” ad una invasione bisogna che vi sia almeno una parte che “resiste”. Se una delle parti abbassa lo sguardo , allora è la pace…ma nella sottomissione. Tutto in una parola dello “altro” : dhimmitudine.
Se è necessario finirla con la “cultura della sottomissione” (come i politicamente corretti vogliono imporci) è altrettanto necessario quanto urgente che i “patrioti” la finiscano di trovare scuse per non resistere. Se i “patrioti” non prendono in mano la situazione e non agiscono – perchè dissuasi dalle loro “élites” che gli dicono non essere il momento o per il rischio di essere arrestati e processati dai “guardiani” del politicamente corretto – si troveranno automaticamente incatenati, sottomessi o sgozzati. Facile « accusare » chi governa di essere responsabile dei cambiamenti del nostro modo di vivere , della nostra cultura. Ma questa responsabilità è dovuta anche alla non azione di resistenza di coloro che si definiscono “patrioti” . Non è sufficiente parlare ! E’ il momento di agire. Attendere le elezioni per mettere la scheda elettorale in modo anonimo e tappandosi montanellianamente il naso in un’urna non è un atto di resistenza: è la dissimulazione della codardia quotidiana.
Ditemi chi rappresenta la “resistenza” in Italia ? Ditemi dov’è l’equivalente di un PEGIDA o di un FRONT NATIONAL in Italia ? Perché questi movimenti di resistenza” all’islamizzazione sono nati e vivono in Germania come in Francia ed invece è assente in Italia ? I tedeschi ed i francesi sono forse schiacciati di meno dal « politicamente corretto » o dal sentimento di « colpevolezza » autoinflitto ? I tedeschi ed i francesi non hanno “conquistato” con le armi terre musulmane ? Ma perché la loro “auto-colpevolezza” è meno paralizzante del nostro pentimento coloniale ? Perché noi siamo passivi. E questa nostra passività rende ancor di più impressionante la nostra capitolazione. In nessuna città d’Italia la cittadinanza , gli italiani, i cristiani , si sono mossi per evitare che i nostri simboli di tradizone, cultura e religione venissero nascosti o addirittura tolti perché “disturbano l’altro” e tutto questo con l’autorizzazione dei Sindaci , dei Presidi scolastici e dei Prefetti. Non è questa “sottomissione” ? Sembra che siamo più disposti a soccombere piuttosto che lottare. Le battaglie che portiamo avanti sono quelle dei codardi , dove non si rischia niente , neanche la propria reputazione.


 

venerdì 29 gennaio 2016

"Ucciso dai partigiani comunisti": per il Pd non si può dire

Reggio Emilia intitola una strada a Rolando Rivi, ammazzato a 14 anni, ma gli eredi del Pci fanno togliere la frase-verità

Fonte Art . http://www.ilgiornaleditalia.org 


Ucciso a 14 anni dai partigiani comunisti – come ampiamente documentato e acclarato anche dalle sentenze di condanna degli assassini in tutti e tre i gradi di giudizio – ma guai a dirlo. E soprattutto, neppure si può scrivere nella delibera di intitolazione di una strada, che la città di Reggio Emilia ha ora intenzione di dedicare al martire-bambino Rolando Rivi, perché gli eredi di quella storia (oggi Pd, ma una volta per l’appunto Pci) proprio non vogliono.
E così a Reggio Emilia la mozione per intitolare una strada o una piazza al Beato Rolando Rivi è comunque passata, ma la dizione “vittima dei partigiani comunisti nel Triangolo della morte”, è stata ‘sbianchettata’ dopo le proteste del capogruppo dem in Consiglio comunale, Andrea Capelli. Al consigliere Antonio Bellentani, esponente di una lista civica e che ha avuto comunque il merito di presentare la mozione per l’intitolazione di una strada a Rivi, non è rimasto altro da fare che ritirare quel passaggio ‘incriminato’, ma lo ha fatto solo  “per amore di Rolando”, come ha raccontato e ha riportato in una dettagliata ricostruzione di tutta la vicenda reggiana Andrea Zambrano, del quotidiano Prima Pagina Reggio e autore di una bellissima biografia su Rivi pubblicata da Imprimatur.
Alla fine, comunque, l’altra sera la mozione è stata approvata con 16 voti favorevoli (quelli di Forza Italia, Grande Reggio, Lista civica Magenta, M5S, Pd ma non tutto), 2 voti contrari (Campioli del Pd e il consigliere vendoliano di Sel) e 3 astenuti (Morelli, Scarpino, Vergalli, tutti del del Pd). Ma, come detto, nella giornata di lunedì scorso attorno a questa mozione s’era scatenato un mezzo pandemonio, con il Pd che aveva respinto l’appoggio proprio perché – orrore! - nel testo presentato da Bellentani si faceva riferimento al povero  Rolando Rivi, poi beatificato da papa Francesco ,  come vittima dei “partigiani comunisti nel Triangolo della morte”. Espressione che il capogruppo Dem Andrea Capelli non aveva digerito, arrivando addirittura ad  accusare Bellentani di “rovescismo”.
Come se quel ragazzino di 14 ani non fosse stato effettivamente ucciso dai partigiani comunisti solo perché ‘osava’ ancora indossare la talare da seminarista e, una volta catturato nei boschi attorno al paese di San Valentino e torturato in maniera indicibile, non smise mai neppure per un attimo di riconoscersi nella fede cristiana. Come se tutti i vari gradi del processo non avessero poi riconosciuto la responsabilità, in ordine a quell’omicidio, di due partigiani dichiaratamente comunisti, “un’appartenenza al Pci – scrive ancora Zambrano -  che aveva permesso loro di trovare rifugio in un caso in Cecoslovacchia e lavoro in un altro, proprio grazie al partitone rosso”.
Come se la maglietta che Rolando indossava proprio sotto la talare il giorno in cui venne torturato e poi ucciso, esposta l’altra sera per la prima volta in pubblico (a Reggio Emilia, durante la funzione per il secondo anniversario della beatificazione di Rivi), ancora  lordata di quel sangue assassino, non fosse mai esistita. (nella foto, per gentile concessione di Prima Pagina Reggio)

Igor Traboni.




 

Ruberie partigiane, Nord Italia, 1944

Documenti e testimonianze

Oltre ai numerosissimi assassinii, durante la guerra civile si registrano anche moltissimi casi di furti.

Fonte Art. http://www.ilgiornaleditalia.org
Emma Moriconi.

Ancora un breve viaggio nei documenti, quello che proponiamo oggi ai nostri lettori. Siamo sempre nel 1944 e molte, in quell'epoca carica di sangue e di odio, furono le uccisioni perpetrate da quelli che a Salò venivano chiamati "i ribelli". Si tratta di documenti di una certa importanza, perché raccontano un pezzo di storia che generalmente viene taciuta. Si, perché secondo la "vulgata" i Fascisti sono sempre quelli brutti e cattivi, e i partigiani sono sempre gli "eroi". E invece a noi la Storia interessa tutta, ecco perché ogni giorno ne raccontiamo un pezzo ai nostri lettori: come la goccia d'acqua che scava la roccia, infatti, il proposito è quello di scavare nelle coscienze, affinché si sappia la verità su quel periodo difficile che fu la guerra civile in Italia. Abbiamo già parlato di assassinii e violenze di ogni genere, oggi parleremo di ruberie. Anche se abbiamo nel cassetto molti documenti che ci raccontano altro sangue innocente versato da quelli che troppo spesso sono stati chiamati "eroi". Dunque ne riparleremo, per ora ecco qualche stralcio di nefandezze partigiane che attengono ai reati contro la proprietà: a Chieri, in provincia di Torino, per esempio, si ha notizia certa di "cinquanta ribelli, giunti a bordo di due automezzi", che "asportavano da un molino Ql. 137 di grano", a Andezeno (Torino), "due fuorilegge asportavano due bovini a un contadino". A Castelletto Cervo (Vercelli) "alcuni fuorilegge asportavano da un negozio di generi alimentari kg 3 di zucchero", a Buronzo (Vercelli) "alcuni fuorilegge asportavano da una rivendita kg 50 di sale, quattro fuorilegge asportavano ad un colono L. 30.000 e ad un altro kg 2.500 di burro e generi alimentari vari, alcuni fuorilegge asportavano un suino ad un agricoltore ". ACastelletto Cervo (Vercelli) "alcuni fuorilegge asportavano un maiale ad un contadino",  a Ghislarengo (Vercelli) "elementi ribelli asportavano ad un agricoltore Q.li 3 di segala e 2 di avena". Il documento - che proviene dal carteggio della Repubblica Sociale, conservato oggi presso l'Archivio Centrale dello Stato di Roma - continua per svariate pagine con informazioni di questo tipo, con furti di "avena, segala, bovini, suini, farina, tabacchi, vino, liquori, generi alimentari, denaro, burro, bottiglie di marsala, candele". Ad essere saccheggiati sono negozi, magazzini, cantieri, case private, persino i municipi. Asportano vestiario, scarpe, bestiame, soldi, mezzi di lavoro, cuoio, biancheria, vi sono casi pesanti di estorsione in moltissime provincie. Per esempio ad Asiago, in provincia di Vicenza, "numerosi ribelli, penetrati nel municipio, asportavano kg. 600 di pasta e 420 di frumento destinato ai poveri del comune"; a Bassano del Grappa (Vicenza) "elementi ribelli asportavano ad una ditta di generi alimentari 23 casse di verdura, 18 di surrogato di caffè, 54 di trippe in umido, 2000 scatole di molluschi, 2500 scatole di antipasto, 10 casse di estratto vegetale, 9 barattoli di conserva, 2 casse di scatolame vario e 400 barattoli di manzo brasato". In due casi pagano l'importo di ciò che prendono: accade a Vittorio Veneto per "un capo bovino ad un contadino", e a Spilimbergo, in provincia di Udine, per "kg 8 di burro".  A Imperia un caso riferisce di dieci ribelli che, " fatta irruzione nella caserma dei vigili del fuoco, asportavano armi ed una ingente quantità di oggetti di equipaggiamento". C'è poi il caso di Isola del Cantone (Genova), dove "sessanta ribelli, tra cui elementi francesi, polacchi e neozelandesi, attaccavano un distaccamento del battaglione 'G. Mameli' disarmando i militari presenti".